mercoledì 05 Lug, 2023

Società di consulenza: Quanto costa non innovare

Solo il 56% delle imprese si rivolge a società di consulenza per realizzare progetti di innovazione. Le altre crescono meno e più lentamente

327 miliardi di euro! Più di 1,5 volte il valore totale del PNRR, a tanto ammonta secondo Assoconsult, la principale associazione delle società di consulenza, il costo del gap di produttività maturato dall’Italia per la mancata produzione (18% del PIL).

Seppure sia doveroso tenere a mente il famoso detto “correlation does not imply causation”, che gli analisti di fenomeni economici tengono presente per ricordare a se stessi come sia impossibile dedurre legittimamente una relazione di causa ed effetto tra due eventi o variabili esclusivamente sulla base di un’associazione o correlazione osservata tra di essi, in questo caso si può affermare con buone ragioni che le aziende e gli Stati che hanno innovato di più sono cresciuti di più.

Se negli ultimi 25 anni l’Italia avesse eguagliato la crescita di produttività degli altri Paesi europei il PIL sarebbe pari a 2.109 miliardi di euro contro i 1.782 effettivamente riscontrati.

Con quel PIL i dati economici del nostro Paese sarebbero sensibilmente migliori:

  • il rapporto debito/PIL scenderebbe al 130% 
  • il PIL pro capite sarebbe più sostenibile (€36 k vs. attuali €30 k)
  • le entrate tributarie aumenterebbero di circa €100 miliardi.

Questi sono i principali dati contenuti nel “2° Rapporto Innovazione” realizzato da Assoconsult con il Centro Studi Confindustria e con la collaborazione di ANIMA: la causa del gap è identificata nella mancata innovazione che le imprese italiane non sono riuscite ad effettuare in questi 25 anni.

Quanto costa non innovare

Il costo della mancata innovazione per il tessuto imprenditoriale italiano è un dato di fatto che emerse anche nel 1° Rapporto Innovazione di Assoconsult che era intitolato – aggiungerei con buone ragioni – “Chi innova cresce – Italia 2021”. Basti pensare al dato contenuto nel citato rapporto da cui si evince che l’innovazione ha favorito il recupero del fatturato post-lockdown: “La prima evidenza ricavata dal confronto nelle risposte delle imprese – si legge – è che tra quelle che avevano investito in innovazione prima dello scoppio della pandemia è significativamente maggiore (di circa 5 punti) la percentuale di chi ha registrato una variazione positiva del proprio fatturato dopo i mesi del lockdown: 16% contro l’11% dei non innovatori.”

L’altro dato che emerge dal 2° Rapporto Innovazione è che le aziende sono coscienti dell’importanza del Management consulting. Infatti ritengono assolutamente indispensabili/utili le società di consulenza, in particolare nei seguenti ambiti:

  • Conformità a regolamenti e standard: 89,1%
  • Orientamento su fondi pubblici, bandi e agevolazioni: 89,1%
  • Incremento cybersecurity: 76,3%
  • Programmi strutturati in ambito sostenibilità: 74,6%
  • Analisi di mercato: 67,2%
  • Strategia: 65,4%
  • Miglioramento dell’impatto ambientale: 63,6%
  • Soluzioni tecnologiche: 63,6%.

Paradossalmente però, solo il 56% delle imprese ha coinvolto una società di consulenza nella realizzazione di progetti di innovazione pur ritenendo in alcuni casi indispensabile servirsi di soggetti esterni come società di consulenza.

Il quadro della situazione che emerge da questi rapporti ci descrive quindi uno scenario in cui chi non innova non cresce e coloro che dovrebbero essere i fruitori dell’innovazione sanno di averne bisogno ma spesso non utilizzano degli abilitatori e dei facilitatori.

I dati che emergono sulla propensione delle imprese ad innovare sono in chiaroscuro secondo quanto risulta dal rapporto Istat “L’innovazione nelle imprese – anni 2018-2020”.

La rilevazione svolta dall’Istituto di Statistica in modalità Cis (Community Innovation Survey) si tenne tra ottobre e dicembre 2021, e quando è stata pubblicata nel maggio 2022 ha fornito un ricco set di indicatori sulle attività di innovazione delle imprese con almeno 10 addetti nel triennio 2018-2020.

Il Rapporto Istat stima che nel triennio 2018-2020 il 50,9% delle imprese industriali e dei servizi con 10 o più addetti abbia svolto attività finalizzate all’introduzione di innovazioni. Tale dato, confrontato con il corrispondente periodo precedente (2016-2018), ha denotato una riduzione delle imprese innovatrici che si è ridotta di circa 5 punti percentuali.

Il rapporto ha confermato anche la tendenza per la quale l’innovazione cresce proporzionalmente alla dimensione aziendale: dai dati emerge infatti che nella classe 10-49 addetti le aziende che innovano sono il 48,4%, in quella 50-249 addetti sono il 65,7% e nelle imprese con 250 addetti e oltre raggiungono il 76,0%. 

Altro dato interessante è che, nello sviluppo di nuovi prodotti e processi, la collaborazione con soggetti esterni, che permette di far leva su nuove risorse economiche e conoscitive e non soltanto su quelle interne alle imprese, negli anni 2018-2020 non si era ancora attestata come un fenomeno di massa.

La maggior parte delle aziende è convinta di poter fare tutto in house. Infatti il 72,6% degli innovatori di prodotto e il 74,2% degli innovatori di processo non fa ricorso alla collaborazione con l’esterno ma sviluppa innovazioni avvalendosi delle proprie risorse interne.

Scarsa la propensione a creare reti e connessioni al fine di essere più rapidi nelle attività di innovazione, dal Rapporto inoltre risulta che solo un terzo degli innovatori lo fa collaborando con altri soggetti (imprese o soggetti pubblici e privati, quali Università, centri di ricerca e settore non profit), mentre meno del 20% acquista innovazioni realizzate all’esterno (la maggior parte provenienti da altre imprese).

All’aumentare della dimensione aziendale cresce sensibilmente la quota di imprese che optano per forme di collaborazioni esterne, passando dal 34,8% delle piccole al 59,0% delle grandi tra le innovatrici di prodotto e dal 31,6% al 57,9% nelle innovatrici di processo. 

Tra le grandi imprese aumenta, inoltre, l’acquisto di innovazione dall’esterno. In particolare, il 17,0% delle grandi imprese acquista nuovi prodotti/servizi dalle Università e dal mondo della ricerca (contro il 5,9% del totale delle imprese) e il 10,5% acquista nuovi processi (contro il 2,4% del totale).

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