L’export è uno degli ingredienti fondamentali nella ricetta della competitività delle imprese. Se è vero che aprire nuovi mercati, oltre a quello interno, significa opportunità di crescita per le aziende, è utile, verso la fine dell’anno, tracciare il bilancio di quanto l’Italia abbia saputo fare in questo 2024.
Con i dati aggiornati al terzo trimestre, in questa analisi andremo a osservare i settori che concorrono maggiormente allo sviluppo internazionale, i mercati preferiti dalle nostre aziende e il trend rispetto agli anni precedenti. Forniremo, infine, una fotografia delle esportazioni per provincia e suggerimenti per affrontare il 2025.
Cosa esporta l’Italia nel 2024?
A livello di macro-settori l’export italiano è composto da metalmeccanico (45%), chimico (18%), sistema moda (15%), agroalimentare (14%) e sistema casa (8%).
Osservando più da vicino i singoli macro-settori – al primo semestre 2024 – si possono ricavare informazioni relative ai comparti che più degli altri contribuiscono alle esportazioni italiane:
- i macchinari per uso generale (cod. 281 e 282) e per uso speciale (cod. 289) valgono insieme 44 mld di Euro.
- l’export di medicinali e preparati farmaceutici (cod. 212) vale oltre 24 mld. Gli autoveicoli (cod. 291) sono esportati per un valore di 13,4 mld.
- l’abbigliamento (cod. 141) vale 11,4 mld.
Dove esportiamo?
Una volta identificati i principali settori, vediamo dove questi prodotti trovano i loro principali mercati. A livello di macro-area, la destinazione preferita dalle imprese italiane è l’Europa, con un peso del 53%. Seguono l’Europa non UE (15%), il Nord America (13%), l’Asia (9%) e l’area MENA (6%). Restano limitati i pesi di America Latina, Africa Sub Sahariana e Oceania.
Osservando singoli mercati, Germania (con oltre 50 mld di Euro), Stati Uniti (quasi 50 mld) e Francia (quasi 50 mld) sono, per distacco, i partner commerciali preferiti dalle aziende italiane. Seguono, più distanti, Spagna, Svizzera e Regno Unito. Interessante evidenziare che la Polonia è il settimo partner dell’Italia.
Cos’è cambiato rispetto ai periodi precedenti
Il quadro delle esportazioni italiane dal 2022 a oggi riflette un contesto globale caratterizzato da molteplici sfide. L’inflazione crescente, alimentata dall’aumento dei costi energetici e delle materie prime, ha avuto un impatto significativo sulla competitività internazionale delle imprese. A ciò si aggiungono le tensioni geopolitiche, in particolare il conflitto in Ucraina, che ha riorientato le dinamiche commerciali e influenzato la stabilità economica di molti mercati. Questi fattori hanno contribuito a modificare i volumi e le destinazioni delle esportazioni italiane, come illustrato nei dati che seguono.
Guardando al valore assoluto delle esportazioni possiamo osservare che veniamo da 15 anni di crescita, fermata soltanto dalla pandemia nel 2020. Tuttavia la crescita ha raggiunto il picco massimo nel 2022 e da lì abbiamo assistito a un lieve calo.
Risulta pertanto utile verificare la variazione tendenziale per macro-settori.
Da questi dati possiamo notare:
- La ripresa importante, dopo un drastico calo nel 2023, del settore chimico
- La ripresa del settore agroalimentare
- La tenuta di sistema casa e sistema moda
L’elemento critico proviene dal metalmeccanico: qui il calo è costante da inizio 2023.
Quali sono le province più attive
Dopo aver analizzato i settori trainanti e le destinazioni principali, è utile approfondire il contributo delle diverse aree territoriali italiane. La prima provincia esportatrice è Milano (28 mld), seguita da Torino (13 mld). In generale le province del nord Italia hanno maggiori volumi di export, ma Napoli (7,3 mld) e Roma (6,8 mld) non sono distanti e, anzi, si collocano a ridosso delle prime province.
Spunti e riflessioni per il 2025
Alla luce dei dati e delle tendenze evidenziate, è tempo di guardare avanti. Quali strategie potrebbero rendere il sistema Italia ancora più competitivo nei mercati internazionali? Ecco alcune riflessioni per il futuro.
Studiare i mercati per identificare le aree a maggiore potenziale. Ogni settore ha le sue dinamiche; è quindi importante conoscere le proprie e scegliere destinazioni ove si è certi di trovare opportunità. In questo modo potremmo renderci conto che anche mercati sottovalutati (per esempio perché distanti) possono giocare un ruolo di rilievo nel commercio internazionale. Paesi come il Messico, il Brasile, la Turchia, l’India e il Vietnam potrebbero diventare presto l’obiettivo primario per molte aziende manifatturiere.
Valutare forme di internazionalizzazione alternative all’export. In un mondo costellato da tensioni politiche e sociali e più propenso ad alzare le barriere all’ingresso rispetto solo a pochi anni fa, riflettere la possibilità di localizzare parte della propria catena del valore nei mercati esteri potrebbe fare la differenza tra il successo e l’insuccesso.
Offrire servizi qualificanti. Se i nostri prodotti costano di più rispetto ai competitor internazionali, motiviamo questo differenziale con servizi in grado di incontrare i bisogni dei clienti. Tali servizi possono essere correlati al prodotto ma anche alle clausole contrattuali. Infatti, se ben studiate, è possibile offrire condizioni di pagamento e/o di consegna favorevoli al cliente, utilizzandole come leva commerciale durante la trattativa.
Digitalizzazione. Aggiornare il proprio marketing agli attuali strumenti e mezzi di comunicazione è fondamentale per raggiungere più velocemente i clienti internazionali e convincerli a scegliere il nostro prodotto.