Digital export nel b2b, capitolo secondo. Nel precedente articolo ci siamo lasciati con una definizione: il digital export b2b è l’insieme degli strumenti (digitali) che consentono di redigere la strategia di sviluppo internazionale (Piano Export) e di metterla in pratica (sviluppo operativo) con maggiore efficienza ed efficacia rispetto a quanto fosse possibile solo pochi anni fa.
Ritengo quindi doveroso approfondire come impostare e implementare una strategia di export digitale e dove interviene il management.
Come impostare una strategia di export digitale coerente con i propri obiettivi
Il primo passo per arrivare a definire la strategia di export più idonea per l’azienda è l’analisi di mercato che a sua volta si divide in interna ed esterna. L’analisi interna consiste nella valutazione del grado di preparazione all’export dell’azienda e serve a definire degli obiettivi compatibili con la propria struttura. È fondamentale perché se ci sono delle lacune vanno affrontate prima di avviare uno sviluppo internazionale che altrimenti sarebbe claudicante.
Già in questa fase le tecnologie digitali ci forniscono un importante contributo.
In un recente evento che mi ha visto partecipare nelle vesti di moderatore, Nicola Minervini, esperto consulente di internazionalizzazione delle imprese, ha condiviso il proprio modello di check-up per l’esportazione basato su un articolato questionario compilabile online. Durante lo stesso evento, Marcello Antonioni, CEO di Studiabo srl, ha presentato il modello Export Readiness Assessment utilizzabile nella piattaforma online ExportPlanning. Stanno inoltre nascendo piattaforme che, sfruttando l’intelligenza artificiale, analizzano il sito internet dell’impresa e ne riportano punti di forza e aree di miglioramento aziendali.
Strumenti di analisi
L’analisi esterna è il classico studio di mercato che si compone di diverse indagini tra cui la scelta dei mercati di destinazione e l’analisi dei concorrenti e che oggi si costruiscono con il contributo di strumenti e piattaforme digitali.
Fino a poco tempo fa la mancanza di dati portava a stimare la domanda potenziale dei mercati esteri attraverso la formulazione di ipotesi. L’analisi lead-lag, per esempio, stimava la domanda sulla base dell’assunto che un Paese B avesse uno sviluppo economico simile al Paese A con un ritardo di X anni. Quindi, un produttore di macchine fotografiche italiano poteva introdurre i propri prodotti in Romania stimando un potenziale simile a quello del mercato interno di 10 anni prima (dati di pura fantasia, ndr).
Oggi possiamo attingere a informazioni molto puntuali come i flussi commerciali internazionali. Tutte le dogane del mondo sono collegate e rendono disponibili, su piattaforme online anche gratuite, i dati relativi alla domanda, in valore e quantità, di specifici prodotti dall’estero. Da queste piattaforme è possibile dedurre, tra le altre cose, quali mercati dimostrano spazio di mercato avendo un trend crescente, quali mercati richiedono prodotti di fascia alta, media o bassa, il grado di apertura nei confronti del prodotto proveniente dall’Italia. Grazie a questi, e tanti altri dati disponibili, possiamo creare in maniera scientifica una classifica di paesi in ordine di potenzialità.
Studiare la concorrenza
Anche studiare i propri concorrenti non è mai stato così facile. Grazie a piattaforme dedicate e ai motori di ricerca è possibile ottenere informazioni chiave come:
- La presenza in mercati specifici
- I canali distributivi
- Prezzi, formati, etichette
- Presenza sul web e strategie di comunicazione adottate
- Il nome dei clienti e dei partner commerciali esteri
Tutte queste informazioni servono a definire un piano strategico d’azione, il cosiddetto Piano Export. Il Piano Export è la rappresentazione di un progetto di sviluppo internazionale e deve prevedere sia la strategia – il piano a lungo termine – che la tattica ovvero l’insieme delle azioni (operative) che permettono di raggiungere gli obiettivi.
Se pensiamo che negli anni 90 la strategia di export era rappresentata dall’imprenditore con la valigetta che girava il mondo per partecipare a fiere o incontrare aziende con cui aveva comunicato solo tramite telescriventi o fax, è evidente che dobbiamo concentrarci solo negli ultimi 20-25 anni per trovare la componente digital nelle strategie di esportazione.
Il digital export consente anzitutto di avere un approccio multicanale. Ovvero essere presenti, rintracciabili e contattabili attraverso canali differenti quali il sito internet aziendale, le pagine aziendali sui social network, e-commerce proprietari, marketplace, stand e spazi virtuali, siti terzi, annunci pubblicitari online su diverse piattaforme (motori di ricerca, social network, ecc.).
Inbound marketing e outbound marketing
La strategia di export digitale può prevedere azioni di inbound marketing – quelle volte ad attirare i clienti ovvero a fare in modo che siano il clienti a venire da noi e non viceversa – e di outbound marketing. Le prime prevedono di pianificare una adeguata strategia di contenuti, prevalentemente digitali, tema di cui parleremo nel prossimo numero. L’outbound consiste in una serie di azioni volte a raggiungere il potenziale cliente, informarlo della nostra offerta e, possibilmente, portarlo ad una trattativa e ad un acquisto. Io lo chiamo approccio “toc-toc” ovvero bussare alla porta dei potenziali clienti. Si tratta di un contatto a freddo che, se gestito nella maniera corretta può portare grandi benefici. Nello specifico oggi si parla di outreach, un approccio che prevede un contatto a freddo personalizzato per ogni interlocutore.
I mezzi per implementare le strategie di outbound e attraverso i quali comunicare con le controparti estere sono l’email, la video-chiamata, la messaggistica istantanea (es. Whatsapp), i social network (es. Linkedin). Il contatto può essere automatizzato per rendere più efficiente il processo. In questo modo è possibile dialogare con un numero elevato di controparti. Alla strategia possono contribuire le campagne di advertising online (ma anche quelle offline) così come la telefonata, che solitamente viene utilizzata nella fase finale del processo cioè dopo che, tramite gli altri mezzi, hai raccolto un feedback dalla controparte.
C’è un ulteriore attività nel progetto export che oggi è fortemente influenzata (in positivo) dalle tecnologie digitali. Sto parlando della fondamentale mansione della ricerca di potenziali clienti esteri. La classica creazione di liste o database da cui partire per poi svolgere tutte le azioni outbound viste sopra.
Il ruolo del manager nella strategia di export digitale
Un tempo per conoscere aziende estere dovevi partecipare a fiere o chiedere alle istituzioni italiane presenti nel Paese come L’ICE, l’Istituto per il Commercio Estero. Oggi online è possibile mappare in modo capillare la presenza di aziende di un settore specifico in un mercato. Lo possiamo fare attraverso i motori di ricerca o piattaforme web specializzate. L’evoluzione ultima prevede l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per controllare in maniera automatizzata tutti i siti internet ed ottenere una shortlist di aziende perfettamente in target in tempi molto brevi.
Manca un ultimo ingrediente fondamentale alla ricetta. La persona in grado di gestire tutto il processo visto sopra. Un’azienda che vuole avviare un percorso di sviluppo internazionale non può prescindere dall’avere una persona dedicata o più di una. Io solitamente parlo dei 3 pilastri dell’export, vale a dire quegli elementi essenziali per poter fare export e che sono: il prodotto/servizio dell’azienda (altrimenti cosa esporteremmo?), la comunicazione, al cui interno possiamo fare rientrare il piano visto sopra, e le persone. Non si può fare export senza le persone con le giuste competenze.
L’iter di impostazione e implementazione di una strategia di export digitale è il risultato delle conoscenze e del saper fare di un buon manager dell’internazionalizzazione. Questo può essere interno all’azienda, l’Export Manager, oppure, se non è presente, è possibile coinvolgere una figura esterna, il cosiddetto Temporary Export Manager (TEM). Un traghettatore che interviene sia nella fase di pianificazione che nella fase operativa e che, se è vero che temporary significa che ad un certo punto uscirà dal progetto, ha l’incarico di formare e preparare il personale aziendale a gestire l’export in autonomia.
Perché la persona è fondamentale
Perché la persona è fondamentale nel processo di crescita internazionale se ho messo il pilota automatico con una strategia di export digitale?
L’Export Manager, o il TEM esterno interviene per preparare l’azienda nella fase di analisi interna, interpreta i dati di mercato e costruisce il Piano Export, coordina tutte le altre persone, interne o esterne, non menzionate in quanto “attori non protagonisti” ma comunque necessari nel processo di esportazione come produzione, ufficio amministrativo, logistica, esperti doganalisti, avvocati, web agency, eccetera. Infine, il Manager è colui che interviene a valle del processo di digital export per prendere contatto diretto con i clienti ed è l’elemento fondamentale per mantenere la relazione nel tempo e fidelizzare il cliente. Nel b2b la relazione umana fa la differenza!
Ora che hai visto come si formula una strategia di export digitale e compreso l’importanza del management nello sviluppo internazionale, sei pronto per i prossimi approfondimenti in cui parleremo di strategia dei contenuti e degli strumenti e piattaforme che puoi utilizzare nel tuo progetto di sviluppo internazionale. Stay tuned!