L’Unione Imprese Centenarie Italiane riunisce le realtà produttive più longeve. Con la vocazione culturale di promuoverne il patrimonio immateriale
Hanno almeno 100 anni di attività ininterrotta. Condividono un codice etico e un marchio sinonimo del made in Italy più longevo. Affondano le radici nel Medioevo, nel Rinascimento e nel Risorgimento industriale. Sono i prestigiosi brand di UICITALIA – Unione Imprese Centenarie Italiane, accomunati da un passato centenario e da una missione sempre più attuale: promuovere i valori di una cultura imprenditoriale resistente al tempo. A prova di futuro.
È una storia lunga quella della Unione che il prossimo anno festeggerà i suoi primi 25 anni di vita. L’associazione nasce a Firenze nel 2000 come AISF (Associazione Imprese Storiche Fiorentine), si espande dal 2006 in tutto il territorio regionale diventando UIST (Unione Imprese Storiche Toscane) e infine dal 2012 assume una dimensione nazionale, arrivando oggi a essere presente in quasi tutte le regioni d’Italia. Mantenendo tuttavia sempre rigidi e inalterati i requisiti di ammissione: un’anzianità di oltre 100 anni di vita operosa ed eticamente corretta e una produzione a ciclo completo, che quindi abbracci anche il tessuto sociale di appartenenza. Con una peculiarità: al centro dell’azienda c’è il marchio (che può sopravvivere nei secoli) e non la famiglia, che quindi per gli associati di UICITALIA non è dogma assoluto (sebbene circa l’85% delle imprese centenarie italiane siano familiari).
Il legame con il territorio
Da Barone Ricasoli 1141 a Pasta De Cecco 1831, da Manifatture Sigaro Toscano 1818 a Poli Distillerie 1898, le imprese centenarie di UICITALIA vantano un altro comune denominatore che le rende spesso uniche e cristalline nella loro affidabilità: il legame con il territorio di origine. Si tratta di un legame simbiotico di grande importanza, capace non solo di incidere profondamente in ambito sociale (pensiamo solo alle varie maestranze impiegate in azienda da svariate generazioni) ma anche di creare un percorso virtuoso tra mondo imprenditoriale, istituzioni pubbliche e comunità. Un percorso che in futuro potrebbe diventare sempre più attrattivo e formativo da un punto di vista turistico, perché le imprese centenarie rappresentano anche una larga fetta dell’immenso patrimonio di heritage del nostro Paese.
«In un mercato sempre più globale in cui tutto può essere riprodotto la storia assume un ruolo distintivo», afferma Fortunato Amarelli, presidente della Unione Imprese Centenarie Italiane e amministratore delegato di Amarelli Liquirizia 1731. «Gran parte del successo del made in Italy è sicuramente dovuto alle peculiari capacità italiane, un saper fare che affonda le radici in un artigianato di qualità che ha saputo trasformarsi in industria. Ma non è solo questo. Oltre alla qualità dei prodotti, al design, l’eleganza del packaging, c’è un elemento intangibile, a volte molto ben valorizzato altre volte solo accennato, quel patrimonio immateriale fatto di storie, aneddoti, luoghi, marchi, immagini, valori. Know-how, elementi che costituiscono l’Heritage aziendale. Crediamo che la valorizzazione di questo patrimonio intangibile sia un fondamentale strumento per garantire all’Italia, primo paese per aziende storiche, un primato manifatturiero anche nel futuro».
Il segreto delle imprese centenarie tra tradizione e futuro
Per usare un gioco di parole, verrebbe da dire che diventare “centenari” è una vera e propria impresa. Che tuttavia si realizza a una condizione: che in azienda rimanga viva la scintilla, ovvero la capacità di innovare. Sia che appartengano al settore vitivinicolo, a quello alimentare, a quello manifatturiero o a quello dei servizi, le imprese centenarie sono la testimonianza tangibile di un processo quasi obbligato: mantenendo inalterato il proprio dna di conoscenze e di “saper fare”, per superare la prova dei secoli hanno dovuto cambiare, prevedendo spesso con largo anticipo le soluzioni necessarie per assicurarsi un futuro di successo. Un’innovazione che va intesa ad ampio raggio e che quindi non riguarda solo i prodotti ma anche le tecnologie impiegate, e se vogliamo rimanere nell’attualità, anche i nuovi orizzonti che si sono dischiusi nel campo della sostenibilità.
«Il mercato è in continuo mutamento, la società cambia i suoi costumi, gusti, modalità di acquisto e di consumo di prodotti e dei servizi, l’innovazione è costante», continua Amarelli. «Che tutto cambia, le imprese centenarie lo sanno da almeno un secolo. Le aziende ancora attive sono quelle che hanno saputo attualizzare i loro prodotti e il loro modello di business. Sono campioni di resilienza, i loro business sono tradizionali ma il loro approccio è innovativo, spesso avanguardistico.
Non è facile e non è scontato, si tratta di avere visione e di cambiare il certo per l’incerto, ma siamo consapevoli che solo in questo modo potremo assicurare continuità. Uno dei fattori che contraddistingue le aziende centenarie è proprio la visione di lungo periodo. Chi ha già compiuto cento anni si aspetta di poterne affrontare almeno altrettanti. Il capitale è più paziente, gli obiettivi sono a più lungo periodo, questo non comporta una minore reattività, piuttosto una redistribuzione ideale del valore creato. Certi obiettivi futuri non possono non tener conto dei cambiamenti climatici, del rapporto con gli stakeholder locali, né dell’eredità che verrà lasciata alle generazioni future. Essere centenari significa essere implicitamente a favore di uno sviluppo sostenibile».
Le attività associative
Ormai prossima a tagliare un traguardo importante (un quarto di secolo di vita) la UICITALIA Unione Imprese Centenarie Italiane ha recentemente intensificato la propria attività su tutto il territorio nazionale. Questa è oggi articolata in incontri stagionali presso le realtà associate, durante i quali accanto alla visita aziendale si sviluppa una parte convegnistica sui temi cari al mondo imprenditoriale ultracentenario: heritage marketing, innovazione, sostenibilità, passaggio generazionale, gestione di archivi e musei d’impresa. La collaborazione in ambito scientifico arriva da un apposito Comitato Scientifico-Culturale composto da professionisti del settore aziendale, manager culturali ed rappresentanti del mondo accademico.
Oltre a queste attività in presenza, nel corso dell’anno si sviluppano i vari progetti della Unione che hanno l’obiettivo di fornire agli associati le chiavi di accesso a partnership strategiche con altre realtà associative o con istituzioni, nazionali e internazionali, che si occupano dei temi della longevità. Ne è un esempio, la collaborazione ormai triennale con i Corporate Heritage Awards, kermesse promossa da Leaving Footprints (spin-off accademico dell’Università degli Studi del Sannio e dell’Università degli studi di Napoli Parthenope), che rappresenta un’opportunità unica offerta alle imprese centenarie per raccontare e valorizzare il patrimonio storico-culturale che esse stesse custodiscono.
Promuovere la cultura d’impresa centenaria
La vocazione culturale rimane quindi un carattere distintivo della Unione, che non persegue finalità prettamente commerciali, vista l’eterogeneità dei settori merceologici nei quali confluiscono le imprese associate. Non è un caso che proprio questa vocazione culturale si sia rafforzata negli ultimi anni tramite il legame con le città designate annualmente Capitale Italiana della Cultura e con la realizzazione di due iniziative di rilievo nazionale: il Premio Centum e un Premio di Laurea per gli studenti universitari di tutti gli atenei italiani che si sono cimentati in lavori di tesi su tematiche inerenti proprio le imprese centenarie.
Il Premio Centum
Con l’istituzione del “Premio Centum”, la Unione Imprese Centenarie Italiane ha inteso proseguire il cammino intrapreso fin dal 2006 con iniziative rivolte al conferimento di riconoscimenti annuali a personalità che abbiano conseguito un alto livello di reputazione nel campo sociale, civile e culturale o che abbiano svolto azioni di grande efficacia per la pratica applicazione di un innovativo pensiero verso la società e in particolare verso i giovani e le nuove generazioni. Il Premio Centum è stato conferito nel 2021 a Don Antonio Loffredo (parroco del Rione Sanità di Napoli), nel 2022 a Paolo Fresu (musicista e trombettista, ideatore del Festival di Berchidda) e nel 2023 a Christian Greco (Direttore del Museo Egizio di Torino).
Grande il successo che sta riscuotendo anche il Premio di Laurea lanciato dall’Unione, per tre anni sponsorizzato dall’associato Carpenè-Malvolti 1868 e quest’anno da un altro associato, ovvero Urbani Tartufi 1852. Con questa ulteriore iniziativa UICI vuole porsi come interlocutore con il mondo universitario per promuovere la cultura d’impresa ultracentenaria e per coinvolgere sempre più studenti sui valori immateriali della longevità aziendale. Perché la longevità non è solo sinonimo di business e di fatturato. Ma è anche e soprattutto sinonimo di una lunga storia del lavoro italiano che grazie al contributo di tutti gli associati della Unione supera i 10.000 anni.