Un viaggio di storia industriale, culturale e tecnologica che SIRI, l’Associazione Italiana di Robotica e Automazione ha ripercorso in un libro e un convegno
Il 28 febbraio 2025, presso il Politecnico di Milano, l’Associazione Italiana di Robotica e Automazione (SIRI) ha celebrato il suo 50° anniversario con l’evento «Umanità e robot – Un viaggio in continua evoluzione». Una ricorrenza importante non solo per il settore, ma per l’intero tessuto industriale italiano. Un’occasione per rileggere mezzo secolo di storia della robotica nazionale, ma anche per riflettere sul futuro che ci attende.
La tavola rotonda
«La robotica ha compiuto passi da gigante», ha ricordato la Rettrice del Politecnico Donatella Sciuto. «Questo progresso è stato reso possibile grazie alla dedizione di molti ricercatori, ingegneri e professionisti italiani che spesso si sono formati proprio al Politecnico di Milano».
Nel corso dell’evento, la memoria storica ha incontrato lo sguardo rivolto al futuro. Da una parte, la celebrazione di una lunga storia di innovazione, dall’altra, una tavola rotonda sulle sfide etiche, culturali e tecnologiche che la robotica pone oggi alla società. «Questo evento non solo rappresenta un momento di festa e un traguardo importante per l’associazione», ha ricordato il Presidente di SIRI Domenico Appendino in apertura del suo intervento. «Ma è anche un’occasione per riflettere sul futuro della robotica e sul ruolo fondamentale che svolge nella nostra società».
Proprio con l’obiettivo di custodire e tramandare questa eredità, SIRI ha deciso di pubblicare un libro. Un testo che ripercorre le tappe fondamentali della robotica italiana, a partire dagli anni che precedono la fondazione dell’associazione. Un’opera corale che si distingue per rigore e passione, curata direttamente dal Presidente e da alcuni Consiglieri dell’Associazione. «Recuperare la documentazione e mediare le tante voci coinvolte non è stato semplice», ha spiegato Appendino. «Ma questo impegno ha portato a un libro strutturato in cinque grandi capitoli che coprono la storia di SIRI, ma anche gli anni precedenti, in cui l’Italia era pioniera nel mondo della robotica».




Dal primo robot alla nascita della meccatronica italiana
Per comprendere l’evoluzione della robotica industriale, è essenziale tornare al 1961.È l’anno in cui la General Motors installò nello stabilimento di Trenton, New Jersey, il primo robot industriale della storia: «Unimate». Progettato dall’inventore George Devol e dall’ingegnere Joseph Engelberger, considerato il «padre della robotica», Unimate era un braccio meccanico programmabile capace di spostare pezzi caldi di metallo in una linea di pressofusione. Per la prima volta, una macchina poteva svolgere in modo autonomo compiti pesanti, ripetitivi e potenzialmente pericolosi. In questo modo poteva migliorare la produttività e sicurezza degli operai, aprendo le porte a una nuova concezione del lavoro industriale.
Solo due anni dopo l’arrivo di Unimate negli Stati Uniti, anche l’Italia dimostra di essere pronta a raccogliere la sfida della robotica industriale. Nel 1963, Franco Sartorio, giovanissimo e brillante dirigente della Fiat, sceglie di intraprendere un percorso imprenditoriale autonomo. Infatti, fonda a Torino la DEA (Digital Electronic Automation). Questa iniziativa porterà, nel 1965, alla creazione di «Alfa», il primo robot di misura al mondo, che segna l’inizio della meccatronica italiana. È emblematico che il termine «meccatronica» verrà coniato ufficialmente in Giappone solo nel 1969. Con Alfa, l’industria italiana ne aveva già applicato i principi, anticipando una trasformazione destinata a ridefinire l’intera produzione industriale.
Appendino ha sottolineato che in quegli anni l’Italia era ai vertici della classifica mondiale per numero di realtà robotiche, seconda solo agli Stati Uniti. Il Giappone, che oggi è una potenza nel settore, acquistò la tecnologia Unimate dagli USA solo nello stesso 1969, avviando la sua espansione non prima degli anni Settanta.

Nel 1975 nasce SIRI
Il decennio 1975-1985 segnò un’accelerazione decisiva dell’automazione industriale in Italia. Sullo sfondo delle trasformazioni culturali post-1968, con una crescente disaffezione verso il lavoro operaio tradizionale, le aziende iniziarono ad adottare i robot non solo per motivi di efficienza, ma anche come risposta ai cambiamenti sociali. Le macchine automatizzate offrivano maggiore sicurezza, precisione e continuità produttiva. In pochi anni, il numero di produttori italiani passò da 5 a circa 40, trasformando la robotica da avanguardia tecnologica a realtà industriale consolidata.
In questo contesto di grandi cambiamenti, nel 1975 nacque ufficialmente SIRI. Inizialmente era la Società Italiana di Robotica Industriale, poi è diventata Associazione Italiana di Robotica e Automazione. Fondata da sette docenti universitari e tre industriali, nacque in un’epoca in cui il mondo accademico guardava ancora con diffidenza alla robotica, considerata una disciplina troppo applicativa. Fu grazie a figure visionarie come Marco Somalvico, docente del Politecnico di Milano formatosi a Stanford, che l’università cambiò atteggiamento. Somalvico fu il primo a intuire e riconoscere che il robot era il terminale perfetto dell’intelligenza artificiale. Aprì così le porte a un dialogo fruttuoso tra ricerca e industria.
SIRI, un motore culturale
La centralità dell’Italia nella storia della robotica è confermata anche dal fatto che SIRI è seconda per data di fondazione solo a JARA, la società di robotica giapponese. Ed è di 12 anni più longeva dell’International Federation of Robotics (IFR). Il suo primo presidente nel 1987 è stato proprio Daniele Fabrizi, allora presidente di SIRI.
A partire da quegli anni, SIRI si è distinta non solo come soggetto rappresentativo del settore, ma anche come motore culturale. Inoltre, ha contribuito alla diffusione della conoscenza della robotica con convegni e simposi internazionali. In occasione del 10° Simposio Internazionale di GERA ospitato a Milano nel 1980, SIRI sancì anche la storica collaborazione con UCIMU. È un rapporto tra le due realtà che ancora oggi vede SIRI come riferimento culturale e UCIMU come rappresentanza di categoria.
Un percorso di resilienza e cambiamento
Con il nuovo millennio, il settore ha vissuto una nuova impennata grazie alla robotica di servizio. Ma anche grazie a iniziative come ITIC, che lanciò il primo robot umanoide italiano. L’Italia, in quel periodo, si attestava come quarta potenza al mondo per vendite e installazioni robotiche, dietro solo a USA, Giappone e Germania. Poi arrivò il crollo finanziario del 2008. Il mercato si dimezzò in un solo anno. Ma la reazione non si fece attendere. In appena due anni, l’Italia recuperò completamente i livelli pre-crisi, dimostrando ancora una volta la resilienza del comparto.
A questa fase seguì un’altra profonda trasformazione. Con la pandemia, il mercato si è improvvisamente fermato, ma anche in quel caso la ripresa è stata rapida. Tuttavia, nonostante la sua grande capacità di ripresa, in seguito all’impressionante crescita delle “tigri asiatiche”, l’Italia è scesa nella classifica mondiale e ora, seconda in Europa dopo la Germania, occupa una salda e onorevole sesta posizione nel mondo.
Il volume si conclude con una conversazione tra Domenico Appendino e Alessandro Santamaria, focalizzata sulle prospettive future della robotica. Tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale, il mobile computing, i robot umanoidi e la robotica collaborativa stanno trasformando radicalmente l’ambiente industriale, integrandosi sempre più nei processi produttivi. Questi temi sono stati ulteriormente approfonditi durante la tavola rotonda conclusiva dell’evento, che ha visto la partecipazione di esponenti di spicco sia del mondo accademico che industriale, e ha offerto una panoramica completa sulle sfide e opportunità che attendono il settore.
Dialogo tra ricerca e industria
La tavola rotonda ha visto protagonisti Gianfranco Carbonato, Presidente Prima Industrie, Paolo Dario, Professore emerito della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e Gian Maria Gros-Pietro, Presidente Intesa Sanpaolo. La tavola rotonda è stata moderata da Arturo Baroncelli, past president IFR e premio Engelberger, con lo scopo di fare un punto sulla robotica e il suo rapporto con gli esseri umani, dando voce a prospettive diverse ma complementari, come quelle industriali e accademiche.
«Quando pensiamo agli anni Settanta in Italia – ha sottolineato Gianfranco Carbonato – dobbiamo ricordarci che sono stati anni di grande fermento industriale in cui si è sviluppata quella che oggi si definisce come meccatronica». Per Gian Maria Gros-Pietro il successo della robotica italiana è stato legato anche alla sua capacità di trasformare molto rapidamente le innovazioni in un prodotto industriale specializzato e in grado di rispondere alle richieste del mercato.
Sguardo al futuro
Guardando al futuro, la robotica di servizio e le applicazioni intelligenti sono i settori da cui ci si aspetta maggiore crescita. Ma, come è emerso chiaramente dal confronto, la vera sfida sarà mantenere una leadership sostenibile nel tempo. Un elemento cruciale, hanno sottolineato i relatori, risiede nella capacità di continuare a investire nell’educazione di alta qualità, promuovere l’interdisciplinarità e valorizzare la propria eredità culturale e la propria capacità di innovazione, tenendo sempre presente l’importanza di un approccio etico e umano alla tecnologia.
A chiudere simbolicamente l’incontro è stato un momento di celebrazione e memoria condivisa. I vicepresidenti Giovanni Legnani e Alessandro Santamaria, insieme al Presidente Domenico Appendino, hanno consegnato targhe commemorative ai past president di SIRI, Antonio D’Auria, Daniele Fabrizi, Rezia Molfino, e ai soci fondatori dell’associazione. Un gesto che ha voluto rendere omaggio a chi, mezzo secolo fa, ha avuto la lungimiranza di credere in una disciplina allora agli albori, e oggi sempre più centrale per il nostro presente e futuro.