Intervista a Lorna Vatta
di Cinzia Colosimo
«Immaginate se un team di chirurghi potesse volare nel cervello, come se fosse un mondo, e vedere i tessuti come se fossero paesaggi, sentire il sangue a densità diverse come se fosse musica. Questo è possibile dentro Allosphere».
Sono le parole di JoAnn Kuchera-Morin, direttrice di Allosphere, pronunciate già più di dieci anni fa nell’ambito di un TED talk per raccontare uno dei più incredibili ambienti virtuali mai creati. Si trova a Santa Barbara, frutto di un lavoro dell’università della California, ed è un potente strumento di ricerca per fisici, matematici, ingegneri, artisti. Una vetta nel campo della realtà aumentata e realtà virtuale (ndr), e no, non è il Metaverso. Per la velocità in cui si sviluppano e generano nuove innovazioni, R/A-R/V sono annoverate fra le tecnologie esponenziali e rientrano tra le tecnologie abilitanti del piano nazionale Transizione 4.0 (già Industria 4.0). Le tecnologie di R/A-R/V sono quelle che incidono maggiormente sul rapporto umanità-macchine, perché disegnano nuovi perimetri dell’esperienza percettiva, con tutti i risvolti che questo comporta.
Ne abbiamo parlato con Lorna Vatta, oltre due decenni di esperienza nell’industria meccatronica, consulente e imprenditrice nel mondo digitale sin dalle prime stagioni, business angel, già direttrice esecutiva di ARTES 4.0 e dallo scorso anno Presidentessa di Gate 4.0, il Distretto Tecnologico per l’Advanced Manufacturing con sede a Pisa.
Qui le tecnologie abilitanti dell’industria 4.0 attraversano una fase particolare del loro sviluppo, ovvero l’adozione da parte delle imprese, che il distretto accompagna lungo il percorso.
A GATE 4.0 ci sono progetti di R/A – R/V su cui state lavorando?
Sì, ne abbiamo uno legato al turismo. Ci teniamo molto perché non si rivolge alle aziende manifatturiere, con le quali tipicamente abbiamo a che fare, ma a piccole realtà legate al made in Tuscany interessanti per un pubblico internazionale che ama l’esperienza toscana. Si tratta di una piattaforma web di contenuti virtuali e immersivi alla quale si accederà tramite visori e altre tecnologie, dove si può visitare il territorio con il suo paesaggio, il cibo, la moda, l’artigianato. L’idea è nata durante la pandemia: con lo stop del turismo molte aziende hanno cominciato ad adottare e-commerce e soluzioni digitali per promuoversi.
Nella realtà virtuale si può fare di più, entrare nel market place e acquistare, oltre a immaginare, un possibile itinerario di viaggio. Il progetto pilota ha messo insieme produttori di vino, tartufo, un museo locale e un artigiano della moda. L’obiettivo a tendere è quello di creare una piattaforma ricca di contenuti per promuovere sia le aziende che il territorio all’estero, ma anche realizzare un modello replicabile.
Nel panorama italiano, quali sono oggi i settori che utilizzano di più le tecnologie di R/A e R/V e quali invece hanno un grande potenziale da esplorare?
La formazione è sicuramente il principale utilizzo che si fa di questa tecnologia, potenzialmente in tutti i settori. Gli studi sulle neuroscienze dicono che l’esperienza quasi realistica vissuta in R/A-R/V facilita notevolmente l’apprendimento.
In ambito industriale e manifatturiero è un vantaggio, perché permette di comprimere i tempi di formazione e aumentare la produttività delle risorse junior. Io credo che tutti i settori produttivi possano beneficiare dall’adozione di queste tecnologie a supporto della formazione.
Quali altri vantaggi potrebbero apportare queste tecnologie e quali sono i limiti più forti alla loro diffusione?
Con gli strumenti immersivi si arricchisce l’esperienza del cliente, dell’utente, del dipendente. Possono essere quindi utilizzati per migliorare e arricchire le esperienze legate a prodotti e processi. Per quanto riguarda i limiti, il principale a mio avviso è dato dalla naturalezza con cui ci si approccia a queste tecnologie, o meglio, dalla difficoltà a percepirle come naturali. Ci saranno tempi fisiologici per l’accettazione vera, l’adozione quotidiana.
Per le nuove generazioni molte cose sono e saranno più semplici. Pensiamo ad esempio a cosa significhi indossare un visore: ad alcune persone può dare nausea e vertigini, c’è chi non apprezza, mentre i più giovani non hanno quasi problemi. La tecnologia supera i propri limiti a una velocità molto più alta rispetto a quella con cui l’umano supera le proprie barriere di accettazione. Ci occorre tempo per elaborare.
Parliamo di un concetto per voi di uso quotidiano, quello di maturità digitale. Perché è così importante, per ogni azienda, innanzitutto comprendere il proprio livello di maturità digitale? Voi come le aiutate?
Il concetto di maturità digitale è nato nelle università e centri di ricerca, soprattutto per usi statistici, come misura di confronto fra aziende. Noi invece lo utilizziamo per il passo successivo, cioè per definire una roadmap ideale.
Una volta capito dov’è posizionata un’azienda, ci domandiamo: quali sono le implementazioni più facili che daranno un maggiore ritorno dell’investimento? Adottiamo un approccio graduale per poi accompagnare l’azienda ad aumentare il proprio livello di maturità digitale. Serve per fissare un punto di partenza e per prospettare il beneficio, spesso sottostimato, che si otterrà da una soluzione digitale. Poi aiutiamo a individuare gli interventi che possono beneficiare di incentivi e lavoriamo di conseguenza.
A proposito di incentivi, alla missione 1 del PNRR – digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura – sono stati assegnati circa 40,7 miliardi. È un’opportunità unica da non perdere e occorre farsi trovare pronti. Ci parla del PNRR Assessment che realizzate a GATE 4.0?
Il PNRR ha tempi brevi e richiede progetti cantierabili, implementabili nel giro di qualche mese, coerenti con i cronoprogrammi dei bandi. L’assessment è un ottimo modo per farsi trovare pronti; per le singole aziende è una valutazione precisa di cosa fare in azienda per cogliere al meglio le opportunità.
Per i bandi più grandi, che prevedono partenariati o pluralità di soggetti, svolgiamo un ruolo di collettore e intermediario verso la Regione Toscana, il nostro principale interlocutore istituzionale. Con lo stesso principio: solidità e disponibilità di soluzioni tecnologiche.
Come valuta questi primi mesi di esperienza in Toscana?
È un lavoro faticoso, ma certamente gratificante. Le piccole e medie imprese toscane, in particolare quelle manifatturiere, sono strutture piuttosto snelle. Spesso non hanno al loro interno le risorse specializzate nell’elaborare strategie di ampio respiro, che possano ogni tanto fermarsi e approfondire, studiare. Oggi ci sono da una parte delle “macro” evidenze oggettive sulle possibilità date dalle nuove tecnologie – dai casi studio alle testimonianze dirette, come l’azienda vicina che ha adottato tale innovazione e ha avuto successo – dall’altra ci sono incentivi di ogni tipo e per ogni cosa, a partire dalla formazione del personale.
Ma si fa fatica a trovare il giusto ascolto, il tempo necessario per fare una sintesi tra tutti questi input ed elaborare, appunto, una strategia. In questo contesto, il rischio è di non adottare alcuna innovazione perché non si è capaci di scegliere. E non abbracciare l’opportunità della digitalizzazione purtroppo vuole dire rinunciare ad una fondamentale leva competitiva.
Cosa caratterizza GATE 4.0 rispetto ad altri distretti tecnologici presenti sul territorio nazionale?
I distretti tecnologici si occupano di tanti aspetti delle tecnologie, spesso legate a specifiche caratteristiche dei settori di riferimento o presenti sul territorio. Negli ultimi anni l’UE sta spingendo molto sull’innovazione tecnologica a forte componente digitale e anche noi andiamo in questa direzione. Il Distretto Tecnologico toscano oggi è focalizzato sulla manifattura avanzata in toto e sull’introduzione delle tecnologie 4.0 in modo trasversale a molti settori. Data anche la storia di questo distretto, per noi aerospazio e automotive restano i principali, ma notiamo che le nostre tecnologie e il nostro supporto si incrociano bene anche nelle attività di altri distretti, il che ci consente di creare sinergie e nuove opportunità.
Allosphere – Visualizzazione dati
Lorna Vatta
Laureata in ingegneria gestionale presso il Politecnico di Milano, ha conseguito l’MBA a Manchester nel programma della Manchester Business School. Percorso ventennale nell’industria meccatronica, dalla gavetta al General Management; si è occupata di strategia, tecnologia, change management, gestione di impresa, acquisizioni e joint venture tecnologiche. Ha gestito una società di consulenza specializzata nel Lean Six Sigma. Ha collaborato con Deloitte Digital e da imprenditrice è stata in prima linea in start up digitali e industriali, dividendosi tra Milano e Pisa. Membro attivo dell’ecosistema italiano di venture funds e business angels con taglio B2B. Di origini istriane e pugliesi, è sposata, ha due figlie e un levriero; ha vissuto e lavorato in Italia, USA e Inghilterra.