Quanto tempo pensate ci voglia prima che le macchine possano fare il vostro lavoro meglio di voi?
L’automazione per anni ha interessato i settori industriali, in cui le macchine si fanno carico di processi semplici e ripetitivi; oggi possono far atterrare aerei, diagnosticare il cancro e commerciare in borsa. Un report McKinsey ha stimato che per circa il 60% delle professioni la quota di lavoro che può essere delegata alle macchine è circa il 30%.
Ogni occupazione possiede un certo numero di processi automatizzabili: alcune di queste professioni potrebbero essere interamente automatizzate, altre solo parzialmente. Non parliamo di lavori consistenti di sole operazioni routinarie: viviamo in una era tecnologica in cui i robot e le IA sono sempre più in grado di svolgere attività che richiedono capacità decisionali.
Storicamente, gli esseri umani hanno basato il loro sviluppo sulla divisione del lavoro: inizialmente agricoltori, con la prima rivoluzione industriale la maggior parte dei lavori si sono trasformati e riconvertiti nella produzione di beni. Man mano che l’automazione progrediva e si diffondeva, siamo progressivamente passati all’erogazione dei servizi.
Con l’avvento dell’era dell’informazione però, qualcosa è cambiato: l’automazione, che finora non si limitava ad aumentare la produttività bensì creava nuovi posti di lavoro, oggi permette di istruire le macchine con grandissime quantità di informazioni, consentendo di fatto ai robot di agire meglio e in sostituzione degli esseri umani.
Le macchine sostituiranno gli esseri umani?
In tutte le precedenti rivoluzioni, l’innovazione tecnologica ha permesso di rendere il lavoro più semplice e di aumentare la produttività: grazie all’impiego delle macchine, con lo stesso numero di lavoratori umani era possibile realizzare più beni o servizi nello stesso tempo o a un costo inferiore. Questo aumento di produttività rese obsoleti molti lavori, ma ne creò anche di migliori: questo perché con l’introduzione di nuove tecnologie venivano a crearsi nuovi ruoli e professioni, che dovevano necessariamente essere gestite da umani. Grazie all’innovazione tecnologica la qualità della vita delle persone migliorò, favorendo l’incremento demografico, che richiedeva un gran numero di nuovi posti di lavoro.
Nell’era digitale però una maggior produttività non comporta un aumento dei posti di lavoro: le nostre professioni ora vengono automatizzate molto più rapidamente che in passato e stavolta non sono solo i lavori manuali e ripetitivi a risentirne. Una compagnia di San Francisco offre un software IA per la conduzione di progetto, pensato per ridurre i ruoli di middle management nelle aziende. Quando è incaricato di un nuovo progetto, il software decide per prima cosa quali lavori possono essere automatizzati e dove invece occorrono effettivamente professionisti umani. Mette insieme una squadra di professionisti tramite Internet e distribuisce i compiti, controlla la qualità del lavoro e monitora le prestazioni individuali fino al termine del progetto.
Appena i liberi professionisti completano i loro compiti, gli algoritmi di apprendimento raccolgono dati sul loro lavoro per portelo apprendere. Centinaia di lavoratori stanno insegnando ad una macchina come sostituirli: stiamo creando enormi biblioteche da cui le intelligenze artificiali possono attingere per imparare come gli umani fanno le cose e comprendere come farle meglio.
Quale futuro per l’umanità?
Alcuni studiosi credono che Internet rappresenti un’innovazione paragonabile alla scoperta dell’elettricità. Internet ha creato molte nuove industrie, ma a differenza dell’elettricità non ha creato sufficienti posti di lavoro per compensare tutte quelle che sta rendendo obsolete. Ovviamente non dobbiamo iniziare a temere l’automazione o rifiutare la tecnologia in generale: i moderni progressi tecnologici devono invece diventare una grande opportunità per cambiare in meglio la società, per ridurre significativamente povertà e per eliminare le disuguaglianze.
Dobbiamo però iniziare a pensare in grande e in fretta; chi decide quali valori dovrebbero guidare lo sviluppo dell’automazione? Come evitare bias e pregiudizi nella tecnologia, assicurando che i dati rappresentino campioni quanto più rappresentativi possibili? Come ridurre l’impatto sulla società e sull’occupazione di questa nuova ondata di automazione?
Dobbiamo assumerci la responsabilità di valutare cosa è bene automatizzare e cosa invece debba rimanere saldamente nelle mani delle persone, fino a quali ambiti la decisione spetta agli uomini e quali invece alle macchine.