Produrre di più con i macchinari di sempre grazie al revamping
Guardando ai propri macchinari e alle proprie linee di produzione molte aziende si stanno rendendo conto che hanno tra le mani equipaggiamenti ancora in grado di lavorare e produrre da un punto di vista meccanico, ma con tecnologie e sistemi di automazione praticamente obsoleti, a causa dei continui aggiornamenti di sistemi hardware e software d’automazione.
Un software e un sistema di automazione obsoleti significano un rallentamento del sistema nel processare i dati in entrata o la difficoltà a mantenere il ritmo con macchinari e sistemi più moderni installati sulla linea. Oltre ad uno svantaggio dal punto di vista produttivo, gli impianti obsoleti rappresentano anche un ostacolo a tutte quelle aziende che desiderano ridurre la propria carbon footprint e il loro impatto ambientale.
La soluzione di Ferrazza
Per Ferrazza era chiaro che la soluzione era trovare un modo di aggiornare vecchi macchinari e renderli efficienti come i modelli più recenti, indipendentemente dall’anno di costruzione.
Ecco allora che Ferrazza ha pensato di mettere a punto un suo programma di revamping: ReBorn. ReBorn rappresenta un investimento di gran lunga più economico rispetto all’acquisto di nuovi macchinari o linee, non essendoci il bisogno di riprogettare l’impianto, smaltire le vecchie macchine o fare spazio per i nuovi equipaggiamenti acquistati. Mantenendo i macchinari di sempre, inoltre, non serve nemmeno investire del tempo nella formazione del personale di linea per permettergli di usare al meglio un nuovo macchinario, ma bisognerà soltanto spiegare come funziona il nuovo pannello di comando.
A conti fatti, investire nel revamping (o retrofitting) di un macchinario può essere più economico del 50% rispetto all’acquisto di un modello più recente e richiede molto meno tempo – dai due ai quattro mesi, contro un anno intero (e a volte anche di più) per progettare, assemblare, installare ed avviare il nuovo acquisto.
Come funziona
Un retrofitting agisce partendo dai quadri elettrici e di distribuzione, fino alle logiche programmabili (PLC) e coinvolgendo tutte le componenti elettriche ed elettroniche del macchinario, aggiornandole con modelli più recenti e più performanti di almeno il 30%.
Anche le memorie delle CPU vengono aggiornate, per aumentare le prestazioni delle componenti elettroniche e farle rispondere più velocemente agli input di produzione. Basti pensare che nei primi anni 2000 un macchinario contava su una CPU con tempi di reazione intorno ai 150 millisecondi, mentre le più recenti viaggiano sui 5 millisecondi.
Inoltre, vent’anni fa una CPU che poteva lavorare con otto PLC e necessitava di essere connessa a più moduli doveva essere connessa tramite remotata con gli altri moduli. Oggi, invece, una CPU della stessa marca può essere connessa, ad esempio, a sessantaquattro moduli senza il bisogno di cablaggi extra grazie ad una connessione ethernet.
Passando alla parte software, anche i supervisori ricevono aggiornamenti molto interessanti. Se prima uno SCADA (software supervisore di un impianto) era limitato a leggere solo alcune uscite o singoli macchinari alle estremità di una linea, oggi può supervisionare l’intero impianto, fino ad arrivare a tutti i macchinari presenti nello stabilimento, comunicando anche con i software gestionali in uso negli uffici dei dipendenti.
Questo retrofitting elettronico, però, non va a toccare o cambiare la struttura e la meccanica delle parti dell’impianto coinvolte, lasciandole totalmente invariate. Questo aspetto è fondamentale per preservare quelle parti meccaniche chiave che permettono all’azienda di fornire lo stesso prodotto che l’ha resa famosa nel tempo. Evitando di cambiare le parti meccaniche, inoltre, il processo di produzione rimane esattamente lo stesso, ma più efficiente grazie alle nuove parti elettriche ed elettroniche.
Revamping per inquinare di meno
Quando un cliente ci chiama per revampare un impianto, spesso lo fa per riportare l’impianto ai livelli produttivi di una volta, in cui bastava una settimana per raggiungere la quota di produzione. Un impianto obsoleto, ovviamente, rispetto ad altri impianti più moderni e aggiornati – o equipaggiati meglio dal punto di vista elettronico – impiega più tempo a produrre un determinato numero di prodotti.
L’evidenza in tutto questo è che più tempo si impiega a raggiungere una quota di produzione, più energia elettrica si consumerà, con una maggiore produzione di CO2. Questo è un aspetto molto critico, specialmente in un Paese come l’Italia dove solo il 35,6% dell’energia elettrica deriva da fonti rinnovabili e più della metà da fonti fossili.
Il revamping può aiutare a ridurre la produzione di CO2 aumentando la produzione di un impianto, in modo da farlo produrre di più, ma utilizzando la stessa energia di prima e impiegandoci meno tempo. Meno tempo per produrre un determinato numero di pezzi equivale, ovviamente, ad un minor uso di fonti fossili per avere energia elettrica.
Tracciabilità per risparmiare
Un’operazione di revamping raramente riguarda solo l’hardware elettronico. A che scopo, infatti, installare drive, PLC e inverter più performanti se il software applicativo non è adeguato all’ammodernamento di un impianto?
Quando un software viene revampato, il cliente ottiene un’interfaccia più semplice da comprendere e da navigare, assieme a pulpiti e pannelli di comando dotati di controlli più moderni (touch screen al posto di tastiere, schermi LCD che sostituiscono schermi a sette segmenti e indicatori analogici, ecc.).
Un’altra innovazione può essere l’introduzione di uno SCADA, acronimo inglese che sta per Supervisory Control And Data Acquisition, di cui non tutti gli impianti sono dotati. Come spiega l’acronimo, questa piattaforma software supervisiona, controlla e acquisisce dati di produzione salvandoli anche in una “scatola nera” per un certo periodo di tempo per eseguire un back-up e salvarli su un dispositivo esterno. I dati che vengono salvati nella scatola nera dello SCADA possono essere di qualunque tipo, ma quasi tutti riguardano tutti gli aspetti della produzione: data, lotto, materiali e materia prime utilizzate, parametri di produzione e, spesso, anche l’operatore al lavoro sulla linea.
Questo insieme di dati e informazioni e la possibilità di poterli consultare, salvare e condividere sono più comunemente noti come tracciabilità del prodotto. Queste informazioni permettono di mantenere una produzione costante, conoscendo la quantità precisa dei materiali e delle componenti necessari, i tempi di realizzazione e i parametri per realizzare un determinato prodotto.
Con questi dati alla mano è possibile ottimizzare l’uso di risorse e i tempi di produzione, che si traduce in meno energia utilizzata durante una giornata di lavoro comportando, di conseguenza, una minor produzione di CO2 sia monte che a valle del prodotto da realizzare.
PER SAPERNE DI PIù VISITA: https://www.automazioneindustrialeferrazza.it/