venerdì 04 Ott, 2024

Macchine utensili, boom dell’export

L’Assemblea dei soci di UCIMU-SISTEMI PER PRODURRE è stata l’occasione per tracciare il quadro del settore, vivace nonostante un contesto incerto

L’andamento dell’industria italiana costruttrice di macchine utensili, il nuovo corso dell’associazione e le previsioni per il 2024. Questi in sintesi i punti chiave dell’Assemblea dei soci di UCIMU-SISTEMI PER PRODURRE, che si è tenuta lo scorso luglio, e che ha visto, tra le altre cose, il passaggio di consegne alla presidenza. Barbara Colombo infatti ha chiuso il suo mandato e lasciato il timone al Presidente designato per il biennio 2024-2025 Riccardo Rosa (Rosa Ermando Spa, Rescaldina MI).  

Il settore delle macchine utensili in Italia: una panoramica del 2023

Il 2023 si è confermato anno favorevole per macchine utensili, robot e automazione. Il nuovo record di produzione è stato però determinato esclusivamente dall’ottimo andamento delle esportazioni; in calo la domanda interna. Con questi risultati, l’industria italiana di settore si è confermata, ancora una volta, tra i principali protagonisti dello scenario internazionale ove è risultata quinta nella classifica mondiale di produzione e quarta in quella di export e consumo.

Export in forte crescita, domanda interna in calo

Le previsioni per il 2024 sono di calo moderato della produzione: al trend positivo dell’export si contrappone la riduzione delle consegne sul mercato interno che risentono della debolezza della domanda domestica. D’altra parte, il rallentamento della raccolta ordini nella prima parte dell’anno è frutto dell’incertezza del contesto sia in Italia che all’estero. 

Secondo i dati di consuntivo elaborati dal Centro Studi & Cultura di Impresa di UCIMU, nel 2023, la produzione italiana di macchine utensili, robot e automazione ha segnato un nuovo record, attestandosi a 7.615 milioni di euro, per un incremento del 4,6% rispetto al 2022. Il risultato è stato determinato esclusivamente dall’ottimo riscontro raccolto sul mercato estero: le esportazioni hanno raggiunto il valore record di 4.223 milioni di euro, pari al 21,8% in più rispetto al 2022. Il consumo è calato, del 7,8%, a 5.816 milioni, penalizzando le consegne dei costruttori italiani scese, dell’11%, a 3.392 milioni di euro, e le importazioni, risultate in calo, del 3%, a 2.425 milioni di euro. 

Struttura del settore: piccole imprese, grandi risultati

Le caratteristiche strutturali dell’industria italiana costruttrice di macchine utensili, robot e automazione sono le medesime che si riscontrano nel sistema produttivo nazionale: imprese di ridotta dimensione, forte propensione all’export, elevata qualità dell’offerta.

Secondo l’indagine condotta da UCIMU-SISTEMI PER PRODURRE, nel 2022 (cui sono riferiti i dati più recenti), il 49% delle imprese costruttrici di macchine utensili ha fatturato meno di 12,5 milioni di euro, il 67% ha occupato meno di 100 addetti. Sono state, però, le imprese più strutturate a fornire il maggior apporto a produzione e esportazioni: quelle con più di 100 dipendenti, che hanno rappresentato soltanto il 33% delle unità operanti in Italia, hanno prodotto il 78,5% e esportato l’84,1% del totale.

Distribuzione geografica dell’industria: Lombardia e regioni chiave

Analogamente, le imprese che hanno fatturato più di 25 milioni (pari al 30,5% del numero complessivo) hanno realizzato l’80,1% della produzione e coperto l’84,4% delle esportazioni italiane di macchine utensili. La distribuzione geografica del settore è risultata coerente con quella del sistema produttivo italiano, a conferma che, per le imprese costruttrici di macchine utensili, è necessario essere attigue a quelle clienti e fornitrici: la maggior parte delle unità produttive del settore si trova in Lombardia (46,6%), Triveneto (20,5%), Emilia-Romagna (17%), e Piemonte (13,6%). Principale utilizzatore di macchine utensili è risultata l’industria dei prodotti in metallo – che comprende contoterzisti, elementi da costruzione, altri prodotti diversi dai macchinari,  seguita da quella automobilistica.

Per quanto riguarda la robotica, nel 2022, la ripartizione per classi dimensionali tra imprese di grandi dimensioni (fatturato superiore ai 5 milioni), e piccole/medie (fatturato fino ai 5 milioni) conferma la predominanza di grandi aziende che rappresentano l’80% del totale. La Lombardia e il Piemonte sono le regioni a più alta densità di aziende operanti nel mercato della robotica, rispettivamente, con il 44,4% e il 30,8% delle imprese. È sempre il Piemonte a contribuire maggiormente al fatturato totale e a detenere il numero maggiore di addetti impiegati nel settore.

L’export

Il rapporto export su produzione è tornato a crescere passando dal 47,6% del 2022, al 55,5% del 2023. Nel 2023, principali mercati di sbocco dell’offerta italiana sono risultati: Stati Uniti (567 milioni, +17,5%), Germania (359 milioni, +17,2%), Cina (286 milioni, +26,6%), Francia (247 milioni, +28,2%), Polonia (215 milioni, +14,5%), Turchia (211 milioni, +70,9%), Messico (195 milioni, +133,1%), Spagna (130 milioni, +9,4%), India (117 milioni, +77%), Regno Unito (85 milioni, +44,1%).

Ancora elevato il livello di utilizzo della capacità produttiva, la cui media annua è di poco diminuita, passando dall’86,6% del 2022 all’86,2% del 2023. In lieve calo anche il carnet ordini, che si è attestato a 7,3 mesi di produzione assicurata, contro gli 8 dell’anno precedente. Il fatturato di settore ha raggiunto la cifra di 11.012 milioni di euro.

Le previsioni 2024

Come emerge dalle previsioni elaborate dal Centro Studi & Cultura di Impresa di UCIMU, il 2024 segnerà un leggero arretramento dell’industria italiana costruttrice di macchine utensili, robot, e automazione il cui andamento si manterrà comunque su livelli mediamente alti. Al calo moderato registrato da tutti i principali indicatori economici si contrappone la crescita dell’export che segnerà un nuovo record.

La produzione si attesterà a 7.450 milioni di euro (-2,2%). Le esportazioni, attese ancora in crescita (+3%), raggiungeranno il nuovo record di 4.350 milioni di euro. A soffrire di più saranno le consegne sul mercato interno (-8,6%) che si fermeranno a 3.100 milioni, penalizzate dalla riduzione del consumo domestico che scenderà (-7,1%) a 5.405 milioni. Anche le importazioni registreranno un calo, fermandosi a 2.305 milioni di euro (-4,9%).

Una crescita moderata con focus sull’export

La raccolta ordini dei costruttori italiani nel primo semestre segna invece il passo. Nei primi sei mesi del 2024, l’indice UCIMU ha registrato un arretramento del 17,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. -18,7% gli ordini interni; -16,2% gli ordini esteri. A determinare questo risultato poco brillante sono soprattutto le condizioni generali di instabilità in Italia e nel mondo.

Barbara Colombo, presidente uscente di UCIMU-SISTEMI PER PRODURRE, ha commentato così i dati: «Dopo un biennio davvero strepitoso, segnato da una crescita a doppia cifra per tutti i principali indicatori economici, il 2023 si è confermato anno favorevole per l’industria italiana di settore che ha messo a segno un nuovo record di produzione. Il risultato positivo è stato però determinato esclusivamente dall’ottimo andamento delle esportazioni che hanno registrato una vera e propria impennata. Questo exploit dimostra, ancora una volta, la flessibilità delle imprese italiane capaci di ri-orientare rapidamente la propria attività verso i mercati più dinamici. Ma – ha aggiunto Colombo – al tempo stesso, mette in evidenza la chiara debolezza del mercato italiano che, già a fine 2022, aveva cominciato a scricchiolare».

La sfida della Transizione 5.0 e l’incertezza normativa

«D’altra parte – ha spiegato – l’andamento della raccolta ordini di questi primi sei mesi conferma la debolezza della domanda che, sia in Italia che all’estero, subisce l’instabilità del contesto. Per il mercato interno, se questo rallentamento può essere considerato in parte fisiologico, vista l’eccezionale espansione del biennio appena passato, è altrettanto vero che, sul risultato, ha pesato l’incertezza intorno a Transizione 5.0». «L’attesa prolungata dell’operatività del provvedimento e la mancanza dei decreti attuativi hanno creato un doppio effetto negativo. Da un lato, hanno determinato la sospensione delle decisioni di acquisto da parte degli utilizzatori, in attesa che il provvedimento fosse chiaro. Dall’altro hanno, almeno in parte, oscurato la disponibilità del provvedimento 4.0 che è tuttora in vigore ma che, per molti operatori, è finito nel dimenticatoio». 

Proprio sui ritardi registrati per l’entrata in funzione del provvedimento Colombo ha evidenziato come «i tempi così compressi tra la disponibilità della misura e il termine di consegna e interconnessione del macchinario (fissato a dicembre 2025), mettono in difficoltà i costruttori italiani che, specializzati nel prodotto super personalizzato, hanno tempi di produzione di circa 6-8 mesi. Anche in considerazione della promessa fatta dal governo di operare a supporto del Made in Italy, crediamo che queste lungaggini siano un vero autogol perché, di fatto, rischiano di favorire prima di tutto gli importatori che dispongono di ampi magazzini». Per tale ragione, ha aggiunto: «Ritengo che, una volta operativa Transizione 5.0, CONFINDUSTRIA debba intervenire immediatamente presso le autorità affinché si consideri l’allungamento al 2026 della possibilità di utilizzo dei fondi stanziati dall’Europa per tale misura». 

Il personale, l’internazionalizzazione

Le macchine di ultima generazione hanno bisogno di persone capaci di gestirle, programmarle, utilizzarle. Ma imponendo anche una decisa riorganizzazione dell’attività aziendale richiedono approcci innovativi anche per le figure non direttamente legate alla produzione. «UCIMU per questo ha potenziato, e lo farà ancora di più in futuro, il suo impegno in UCIMU Academy, progetto nel quale rientrano tutte le iniziative dedicate a ridurre il mismatch tra domanda e offerta di lavoro. Dai premi per le tesi, alla collaborazione con gli ITS, passando per tutto il lavoro che facciamo in occasione delle nostre manifestazioni espositive». 

Per quanto riguarda l’internazionalizzazione, Colombo ha detto: «Stati Uniti, Cina, India, Vietnam e Messico oltre, ovviamente all’Unione Europea, questi sono paesi a cui guardiamo con maggiore attenzione. Esportare è il nostro primo modo di presidiarli ma non può e non deve essere l’unico. Su questo dobbiamo ancora migliorare. In risposta a questa esigenza, su spinta dell’associazione, sono nate le reti di impresa che aggregano diverse aziende del settore in mercati considerati particolarmente attrattivi. Ad oggi ne abbiamo due: ITC India, attiva da oltre 10 anni, a cui si è aggiunta l’anno scorso IMT Vietnam».

Il sostegno delle istituzioni per competere a livello globale

«Strutturarci per essere realmente competitivi sul mercato globale è un processo lungo. Per questo – ha affermato la presidente uscente di UCIMU – è importante che le autorità potenzino le risorse destinate a supportare l’attività di internazionalizzazione delle aziende, dalle missioni di incoming di operatori esteri alle fiere internazionali che si tengono in Italia, ai tour di visita alle imprese italiane, ai forum all’estero di presentazione dei settori più attrattivi del made in Italy. Ma penso anche alle iniziative con SACE, per le coperture dell’attività di export, e con SIMEST, per i finanziamenti dei progetti di sviluppo estero così come per la partecipazione alle fiere internazionali che si tengono in giro per il mondo». 

«E poi – ha concluso la presidente di UCIMU – osservando i colossi che ci circondano, dobbiamo essere consapevoli che la dimensione delle aziende e anche quella del paese non giocano a nostro favore. Per cui sempre più importante sarà la nostra appartenenza all’Unione Europea all’interno della quale potremo contribuire ad indirizzare programmi, direttive e piani economico-industriali nella misura in cui saremo capaci di presidiare, a tutti i livelli, i tavoli strategici».

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