La rubrica a cura di TEM PLUS per capire da vicino il mondo delle esportazioni, i trend, i paesi che presentano le migliori opportunità e come si possono cogliere
Spesso vediamo la consulenza come un costo evitabile per la nostra impresa. Io stesso mi sono ritrovato in più occasioni a declinare l’offerta di consulenti esperti su taluni temi. Ci sono dei momenti, tuttavia, in cui ho percepito il bisogno di farmi aiutare da esperti in specifiche materie: quando avvertiamo questo bisogno iniziamo a pensare alla consulenza come un investimento.
L’internazionalizzazione delle imprese è materia complessa perché trasversale a più ambiti (es. marketing, commerciale, societario, legale, fiscale, ecc.) e non sempre possediamo tutte le competenze necessarie per progettare e implementare un efficace percorso di sviluppo internazionale. Ecco perché la consulenza per l’internazionalizzazione è una di quelle materie che l’azienda, di diverse dimensioni, è maggiormente predisposta ad accogliere.
Ma chi è il consulente di internazionalizzazione?
Il consulente di internazionalizzazione è un ruolo che, per essere assolto in modo completo, richiede il possesso di diverse conoscenze e abilità. Esso infatti prevede un ampio numero di compiti e mansioni e, negli anni, ha visto nascere figure più o meno specializzate, indipendentemente dal “nome” che ciascun consulente si dà (consulente di internazionalizzazione, consulente export, Temporary Export Manager, EXIM Manager, ecc.). Il ruolo del consulente export è molto cambiato negli ultimi 15-20 anni perché il mercato è profondamente cambiato. In particolare, questo cambiamento è dovuto a due fattori: la tecnologia e le esigenze delle aziende.
L’impatto della tecnologia nel ruolo del consulente di internazionalizzazione
Se pensiamo agli anni ‘90 quando internet, i telefoni cellulari e le email erano tecnologie ancora poco diffuse, ci rendiamo conto di come in pochi anni anche la consulenza per l’internazionalizzazione sia drasticamente cambiata. Un tempo la conoscenza di un mercato, l’identificazione di potenziali partner o clienti era possibile solo viaggiando, sviluppando conoscenze locali, partecipando a fiere. Oggi, tra le diverse opportunità, ci sono piattaforme di match making, marketplace e strumenti per l’attuazione di strategie di inbound marketing (metodologie digitali per attirare clienti). Il consulente export sa scegliere e predisporre questi strumenti a beneficio delle imprese.
L’evoluzione delle esigenze di internazionalizzazione delle aziende
Fino a qualche anno fa, ad operare all’estero era prevalentemente l’azienda di medie o grandi dimensioni. Spesso possedeva una pregressa esperienza internazionale, con bisogni molto specifici come la riorganizzazione dell’ufficio export, la costituzione di una filiale o la negoziazione di una Joint Venture. Quando l’esigenza diventava ripetitiva la media-grande azienda si attrezzava per gestirla internamente, assumendo nuove risorse o formando il personale interno. In questo contesto, valido tutt’oggi, il consulente export è caratterizzato da una forte specializzazione verticale (es. competenze legali, competenze doganali, competenze societarie, ecc.).
Da circa 15 anni, per semplicità potremmo dire dalla crisi del 2008-2009, è cresciuta esponenzialmente l’esigenza delle piccole imprese di aprire nuovi mercati, per continuare a crescere, per diversificare o per sopperire a una contrazione del mercato interno. Queste aziende hanno un’esperienza internazionale limitata se non nulla e spesso non hanno personale qualificato per pianificare e gestire lo sviluppo internazionale. In questo contesto il consulente export deve sviluppare una capacità il più possibile ampia e trasversale per guidare l’azienda in un processo di preparazione all’export, pianificazione e implementazione.
Qual è il ruolo del consulente di internazionalizzazione oggi?
È un/a project manager con conoscenza di tutti i processi che compongono la catena del valore, quindi non è solo una figura commerciale ma anche esperta di marketing, di analisi di mercato, di internazionalizzazione che, all’occorrenza, sappia coinvolgere e coordinare i giusti specialisti. Inoltre, è una figura che sa affiancare e formare il personale interno al fine di rendere l’azienda autonoma nel medio termine.
Questa visione del consulente export è confermata dalla pubblicazione nel 2021 della norma UNI 11823:2021 che certifica la figura dell’Export-Import Manager (EXIM). La norma descrive l’EXIM Manager come il gestore delle attività di assessment, formulazione della strategia, attuazione del piano operativo, monitoraggio, valutazione e follow-up.
Se è vero che sempre più aziende devono aprirsi ai mercati esteri per sopravvivere e per continuare a crescere, non tutte le imprese sono pronte per l’export.
Quindi, il consulente di internazionalizzazione deve guidare l’azienda nel processo di auto-valutazione in chiave export e, una volta evidenziate le “aree di miglioramento”, supportarla per trasformarle in punti di forza. Si tratta ad esempio di individuare delle competenze da trasferire in azienda attraverso la formazione, di rivedere il materiale di comunicazione off e online e di implementare strumenti digitali come CRM o sistemi di email marketing.
La definizione della strategia operativa passa dall’analisi di mercato volta a identificare i Paesi con maggiore potenziale e poi a studiarli per comprenderne le dinamiche, conoscere i competitor, identificare i canali di vendita migliori e definire le strategie di marketing adeguate.
Ovviamente l’aspettativa principale dell’impresa è l’effettiva gestione operativa del progetto. Il consulente di internazionalizzazione sempre meno è colui che indica la strada lasciando che siano gli altri a “sporcarsi le mani”. Piuttosto è il primo a dedicarsi alla parte pratica, magari affiancando personale aziendale con l’obiettivo di renderlo autonomo nel tempo.
Di fondamentale importanza, infine, la capacità di interpretare il riscontro ricevuto dal mercato e di valutare il progetto allo scopo di confermare la direzione o identificare gli aggiustamenti necessari per ottimizzarlo. Questo momento deve essere continuo durante tutto il percorso di sviluppo internazionale, anche ben dopo l’uscita da parte del consulente e quindi diventa esso stesso un elemento da trasmettere e lasciare nel patrimonio informativo dell’azienda.