FAR CIRCOLARE LA MATERIA
NUOVI MATERIALI PIÙ EFFICIENTI ED ECOLOGICI IN GRADO DI RISPONDERE ALLA SCARSITÀ DI RISORSE
E AI DOVERI DI SOSTENIBILITÀ
Non solo meta da raggiungere, ma anche mezzo per fronteggiare la carenza di materie prime: stiamo parlando dell’economia circolare, quel modello economico che trova nel riciclo, e nell’ecosostenibilità in generale, la sua ragion d’essere. Il mercato delle materie prime è in crisi da tempo: la difficoltà di reperimento delle stesse ed il conseguente aumento dei prezzi sono alla base di un fenomeno che ci portiamo dietro da anni e che la pandemia, prima, e la guerra in Ucraina, poi, hanno acuito ulteriormente.
Da qui la crucialità dei nuovi materiali, pensati sia come risposta alla scarsità di materie prime sia come presupposti della transizione ecologica. Si tratta di materiali che possono nascere anche dal riciclo e dal riuso, in un’ottica di economia circolare, in cui tutto ciò che esiste può essere, teoricamente, trasformato all’infinito.
Materie prime: un mercato in crisi (da tempo)
Come sottolinea il quarto Rapporto sull’economia circolare in Italia 2022, curato dal Circular Economy Network (CEN), le difficoltà economiche che stiamo vivendo indicano un trend di fondo strutturale caratterizzato da «una domanda crescente di materiali disponibili in quantità fisicamente limitate sul nostro Pianeta». Questo ha «creato un circolo vizioso tra la domanda inevasa e la crescita di nuova domanda: la mancanza delle forniture ha spinto ad aumentare le richieste rendendo sempre più ampia la distanza tra domanda e offerta». Con il risultato che la
difficoltà di rifornimento «ha innescato una spirale inflattiva».
Quello che è mancato negli ultimi anni, sottolinea il rapporto CEN, è il disaccoppiamento tra crescita economica e utilizzo delle materie prime. Uno slancio tecnologicamente maturo verso l’economia circolare avrebbe, con molta probabilità, creato un mercato alternativo di materie prime non vergini. Questo slancio è oggi una necessità, nonché una delle principali vie percorribili per la ripresa del tessuto economico internazionale. La transizione verso modelli di produzione e di consumo circolari, infatti, è fondamentale non solo per garantire la sostenibilità ambientale, ma anche per favorire la ripresa economica e la competitività delle imprese.
Riciclo e riuso: a che punto è l’Italia?
«Siamo il Paese europeo con la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti pari al 79,4%, con una incidenza quasi il doppio rispetto alla media Ue (49%) e ben superiore a tutti gli altri grandi paesi europei (la Fran-
cia è al 66%, la Germania al 69%) – spiega Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola -. Risparmiamo così 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio all’anno e circa 63 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalenti». «Grazie a questa componente di materia derivante dal ciclo nazionale dei rifiuti – prosegue il presidente di Symbola -, a cui si aggiungono i materiali provenienti dal recupero interno delle industrie e quelli importati, l’industriaitaliana raggiunge un tasso di circolarità (rapporto tra materie seconde da riciclo e totale delle materie – prime e seconde – impiegate) pari a circa il 50%».
Ed è proprio da questi dati che parte la ricerca di Fondazione Symbola ed Enel «100 italian circular economy stories», in cui si descrivono 100 storie di economia circolare Made in Italy che guardano all’innovazione e
alla sostenibilità. «La carenza di materie prime ci ha spinto ad utilizzare quella fonte di energia rinnovabile e non inquinante che è l’intelligenza umana – afferma Realacci -. Le cento realtà di questo dossier spiegano perché affrontare con coraggio la crisi climatica non è solo necessario, ma rappresenta una grande occasione per rendere la nostra economia e la nostra società più a misura d’uomo e, per questo, più capaci di futuro». Le aziende scelte sono eterogenee: vanno dall’agroalimentare all’arredo, dalla meccanica ai servizi, dalla chimica all’edilizia, dagli imballaggi alla finanza, dalla consulenza alla moda. Scopriamole.
L’Italia che avanza tra innovazione e sostenibilità: esempi di imprese “circolari”
In Italia ogni anno vengono dismessi circa 5 milioni di materassi. È possibile evitare che questi finiscano nelle discariche e negli inceneritori? La risposta è sì. La start up torinese Re Mat è la prima, e al momento l’unica, azienda italiana ad aver ideato un processo di recupero del poliuretano espanso, il materiale che si trova all’interno dei materassi, delle selle di moto e motorini, dei sedili delle auto, dei divani e delle poltrone. Il poliuretano espanso in essi contenuto viene raccolto e trasformato, per creare una nuova materia con le stesse caratteristiche che può essere impiegata nell’arredamento così come nell’edilizia. Il poliuretano riciclato, infatti, ha proprietà termoisolanti e fonoisolanti, ed è particolarmente adatto alla realizzazione di pareti, solai e tetti.
Applicare il modello dell’economia circolare all’agricoltura: è questa la mission di Acqua & Sole, società pavese che nel 2016, a Vellezzo Bellini (Pavia), ha creato un centro in cui si recuperano sostanze nutritive dai rifiuti organi-
ci per trasformarli in concime organico. Grazie a questo materiale naturale “d’avanzo”, l’agricoltura si congeda dai fertilizzanti minerali e pesticidi accrescendo la fertilità e la biodiversità dei terreni. Acqua & Sale inoltre sta portando avanti anche un altro progetto che prevede la realizzazione di sistemi industriali per trasformare rifiuti organici di ogni tipo in combustibili rinnovabili. Anche il settore moda sta giocando un ruolo centrale nella transizione ecologica.
Ed è quello che stanno facendo molte realtà, tra cui Atelier Riforma, start up torinese che “salva” i capi di vestiario destinati alla discarica. Nata nel 2020, in poco più di un anno, aveva già raccolto oltre 8mila abiti, tutti catalogati e tracciati. I capi “salvati” vengono poi lavorati dal network di professionisti sartoriali che si è costituito intorno alla start up, formato
principalmente da giovani donne, che ha il compito di dare nuova vita ai vestiti non più utilizzati. Atelier Riforma ha anche sviluppato una piattaforma B2B per dare la possibilità alle aziende di riciclo tessile, designer che fanno upcycling e negozi di vestiti usati, di rintracciare facilmente la materia per realizzare prodotti circolari. Atelier Riforma collabora con enti no-profit che raccolgono vestiti usati per finalità solidali.
L’idea green di Mogu è più unica che rara. L’azienda varesina, nata nel 2015, trova la sua ragion d’essere nel suo nome: “mogu”, infatti, in cinese significa “fungo”. Ed è proprio dalle ricerche sulla micologia che si sviluppano i
progetti di questa giovane impresa altamente innovativa. Mogu realizza materiali utilizzabili nel settore della bioedilizia, architettura e interior design partendo dal micelio, ovvero la radice del fungo, coltivato all’interno di fibre organiche di scarto che arrivano dall’industria agroalimentare o tessile (come fibre di cotone o canapa). Dopo la fermentazione, i funghi creano un nuovo materiale 100% naturale che è un perfetto sostituto del polistirene, ma ottenuto da processi esclusivamente organici. Mogu ha già in commercio alcuni prodotti così realizzati, come i pannelli per l’isolamento acustico che non rilasciano sostanze organiche volatili, resistono all’umidità e sono ignifughi. Dai funghi come mezzo per fare economia circolare a prodotto dell’economia circolare.
Funghi Espresso, start up agricola di Scandicci (Firenze), produce funghi coltivati nei fondi di caffè. Il substrato dei fondi di caffè, infatti, è ricco di minerali e sostanze nutritive che favoriscono la produzione di funghi in un processo senza uso di sostanze chimiche e a impatto ambientale zero. Una volta utilizzati come terreno, i fondi di caffè tornano al suolo come compost. «In Italia esistono 110mila bar che producono ogni anno 300mila tonnellate di fondi di caffè. Noi aiutiamo i bar a valorizzare quello che altrimenti diventerebbe un rifiuto», spiegano dall’azienda. Inoltre, le coltivazioni di Funghi Espresso avvengono in verticale, così da limitare anche lo sfruttamento del suolo.
La start up milanese Krill Design, invece, usa i funghi per realizzare prodotti di eco-design. Krill Design trasforma gli “scarti” del caffè dei bar e ristoranti milanesi in un biopolimero con il quale creare piccoli oggetti di arredo per la casa e l’ufficio, come vasi, orologi e porta telefoni. Tra gli altri prodotti innovativi che Krill Design ha realizzato a partire da rifiuti organici c’è una lampada interamente realizzata da bucce d’arancia. I rifiuti agroalimentari possono essere utilizzati anche nel settore farmaceutico, cosmetico, della diagnostica e della ricerca.
La start up bolognese Lac2Lab trasforma il latte scaduto in prodotti per la coltivazione di cellule in vitro. In questo modo si evita lo smaltimento di un rifiuto che può essere riutilizzato, e un problema per la filiera del latte (ovvero lo smaltimento del prodotto scaduto) viene trasformato in un’opportunità per altri settori. Inoltre, il latte scaduto può diventare un valido sostituto del siero fetale bovino nel settore biotecnologico, dove ora ne viene fatto un uso «poco etico e sostenibile», affermano da Lac2Lab.
I rifiuti agroalimentari sono al centro anche dell’esperienza di Packtin, start up reggiana nata come spin-off dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Packtin sta creando una filiera di recupero dei sottoprodotti dell’industria agroalimentare che parte dalle aziende che li generano. Questi sottoprodotti, per esempio le bucce dei pomodori o il pastazzo degli agrumi, vengono scomposti nelle loro componenti principali (vitamine, antiossidanti, fibre) attraverso un processo di estrazione – ovviamente green -, per poi essere riutilizzati per la realizzazione di nuovi prodotti alimentari (come le farine Packtin di buccia di arancia o pomodoro, di carota e di ananas, 100% vegetali e naturalmente senza glutine), di integratori alimentari senza l’aggiunta di sostanze chimiche, nonché per creare rivestimenti naturali ed edibili che permettono di conservare gli alimenti freschi più a lungo.
“Un’Italia che fa l’Italia”
Le realtà descritte nel report di Symbola ed Enel raccontano un Made in Italy che guarda all’innovazione in chiave circolare. In questo modo si vengono a creare nuove opportunità commerciali, occupazionali e di sviluppo che
accrescono la competitività economica del Bel Paese e, contemporaneamente, garantiscono benefici ambientali e sociali. «Un’Italia che fa l’Italia – dice Ermete Realacci -, rendendo così il suo sistema produttivo a prova di futuro».