mercoledì 05 Ott, 2022

Beni strumentali in Italia

Beni strumentali in Italia

FEDERMACCHINE: “DOPO UN 2021 DA RECORD SI RISCHIA LA PARALISI”

Dopo un 2020 da dimenticare, nel 2021 il mercato italiano dei beni strumentali accelera e lo fa come non mai, superando i livelli pre-pandemici. Con lo scoppio della guerra in Ucraina, però, le vendite hanno subito una nuova frenata. A luglio, il gruppo statistiche di Federmacchine, la federazione italiana che riunisce le associazioni dei produttori di macchinari e beni strumentali, ha pubblicato i dati relativi ai trend di vendita dei beni strumentali nel 2021 e nei primi mesi del 2022. Due i “numeri” da tenere a mente: +21,6% e +1,3%, che rappresentano, rispettivamente, la crescita del mercato macchine nel 2021 e nel 2022.

Export in crescita, ma al traino della domanda interna

Nel 2021 l’industria italiana dei beni strumentali ha registrato una crescita mai vista: +21,6% per un totale di 50,4 miliardi di euro di fatturato. Non solo si recuperano i livelli pre-pandemici, ma si fa un ulteriore balzo in avanti, superando il precedente record, segnato nel 2018, quando il fatturato totale arrivava a 50 miliardi, per poi calare a 48,4 miliardi nel 2019 e a 41,4 miliardi nel 2020. Per dare un’idea dell’importanza rivestita dal mercato macchine nel 2021 basta un dato: il fatturato complessivo delle imprese di beni strumentali associate a Federmacchine rappresenta il 2,8% del PIL italiano.

Ma qual è la domanda che ha trainato maggiormente il mercato?

I dati di Federmacchine non lasciano scampo a equivoci: è la domanda interna la principale responsabile della crescita del settore. Nel 2021 il mercato domestico dei beni strumentali ha registrato un +29,7% rispetto al 2020, per un totale di 27,2 miliardi di euro. Numeri, anche questi, mai raggiunti prima. Questa tendenza premia sia i produttori interni (+28,6% per un fatturato pari a 17,5 miliardi), dimostrando che le imprese italiane del settore sanno rispondere alle esigenze del mercato locale – come sottolinea anche il rapporto import/consumo, pari al
35,5% -, sia gli importatori (+31,7% rispetto al 2020, che equivale a 9,6 miliardi), che hanno soddisfatto il 36% della richiesta di beni strumentali del mercato italiano.
Per quanto riguarda l’export, i dati dello scorso anno sono positivi (crescita del 18,1%) e riportano le vendite sul mercato estero ai livelli pre-Covid, anche se non si registrano le performance notevoli che si erano concretizzate nel 2018. Cala, infatti, di due punti percentuali il rapporto export/fatturato, che si attesta al 65,2%.
L’export italiano dei beni strumentali rappresenta comunque il segmento di settore più redditizio: con 32,9 miliardi di euro (il 65,3% del fatturato totale del settore), copre il 5,7% del totale delle esportazioni italiane.

Le vendite nel mondo

Come mostrano i dati Istat, il primo mercato di sbocco delle vendite dei macchinari italiani è l’Italia (34,8%), seguita dagli altri paesi dell’Unione europea (27,9%). Questo significa che il peso complessivo dell’area Ue è pari al 62,7% del fatturato totale del 2021. Come detto, complessivamente l’export disettore nel 2021 registra un +18,1%. L’avanzamento più massiccio si osserva in America del Sud, in cui le esportazioni dei materiali italiani hanno fatto un balzo in avanti di oltre 36 punti percentuali rispetto al 2020, pari a 1,6 miliardi di fatturato. Subito dietro troviamo l’Oceania, con un +34,1% (432 milioni di euro, nel dettaglio 345 provenienti dall’Australia e 73 dalla Nuova Zelanda). In linea con il dato di crescita totale troviamo: i Paesi europei extra Ue, in cui le esportazioni sono aumentate del 20,1% in un anno, per un totale di fatturato pari a 4,5 miliardi di euro; l’America del Nord (+19,6% per un valore totale di 5,1 miliardi); l’Asia (+18,8%, 5,1 miliardi); l’Unione europea (16,9%, 14 miliardi). Ad avanzare in modo meno convinto, le esportazioni di beni strumentali in Africa (+5,8%, 1,3 milioni) e in Medio Oriente (+0,3%, 768 milioni). Questi dati dimostrano che la meccanica strumentale italiana è uno dei principali settori dell’industria del Bel Paese, nonché uno dei punti di forza dell’intero sistema economico nazionale.

Settori economia: in Italia è il comparto macchine a crescere di più

Nel 2021, secondo i dati Istat, il comparto italiano “Macchine e apparecchi meccanici” – al cui interno troviamo le produzioni delle imprese associate a Federmacchine – fa un balzo in avanti di 49,1 miliardi di euro.
All’interno di questo settore è il comparto “Tecnologie per ceramica e laterizi” a fare il boom nel 2021, con una crescita di 39 punti percentuali rispetto al 2020, e un fatturato totale pari a 2 miliardi. Seguono “Macchine e accessori per la lavorazione del legno” (+36,9%, 2,5 miliardi di fatturato) e “Macchine tessili” (+35%, 2,4 miliardi di euro). Tra i beni strumentali prodotti in Italia, il comparto “Sistemi e componenti meccatronici per la trasmissione di potenza” fornisce il contributo maggiore, in termini di fatturato, all’economia italiana, con un consuntivo 2021 pari a 12,5 miliardi (+26,5% rispetto al 2020), seguito da “Macchine automatiche per il packaging” con 8,2 miliardi (+5,5%) e “Macchine utensili, robot e automazione” con 6,3 miliardi (+22,1%).

2021 e 2022 a confronto

«Archiviato il 2020 flagellato dallo scoppio della pandemia, nel 2021 le imprese italiane del bene strumentale sono state protagoniste di una performance davvero eccezionale. Il mercato italiano, sostenuto dagli incentivi 4.0, ha premiato la nostra offerta facendo volare il dato delle consegne dei costruttori e incentivando anche le importazioni», ha commentato Giuseppe Lesce, presidente di Federmacchine in occasione della pubblicazione dei dati. Il 2022, però, non sarà come il 2021. Dai numeri attualmente disponibili, Federmacchine stima che la crescita del mercato macchine italiano fermerà la sua corsa stabilizzandosi. Se l’anno scorso il fatturato è cresciuto del 21,6% (dai 41 miliardi del 2020 ai 50,4 miliardi del 2021), infatti, la previsione per l’anno in corso parla di un +1,3% rispetto al 2021 per un totale di 51 miliardi di euro. Il consumo interno si assesterà intorno ai 27,8 miliardi di euro, facendo un passo in avanti di 2,4 punti percentuali rispetto al 2021. Il 37% della domanda interna sarà soddisfatta dalle importazioni (crescita prevista +7,4% per un totale di 10,3 miliardi), il restante 63% dai produttori italiani, il cui fatturato atteso resta stabile rispetto allo scorso anno (17,5 miliardi). A guidare questo seppur piccolo progresso è sempre, in termini di fatturato, l’export, per il quale è previsto un aumento del 2,1%, il che significa che raggiungerà i 33,5 miliardi di euro.
Lo scenario atteso, però, è lontano dai dati sull’export di settore osservati nei primi tre mesi del 2022: tra gennaio e marzo scorsi, infatti, le esportazioni dei beni strumentali italiani hanno registrato un +8,8% rispetto allo stesso periodo del 2021. Il panorama di inizio anno, del resto, nel corso del 2022 ha fatto (e farà da qui a fine anno) i conti con lo scoppio della guerra in Ucraina, a cui sono collegate tutta una serie di conseguenze che stanno progressivamente influenzando l’andamento dell’economia mondiale, compreso l’export di beni strumentali italiani.
Ha aggiunto Lesce: «Il 2022 appare decisamente più complesso del 2021 inflazione in accelerazione, ostacoli al funzionamento delle catene di fornitura, aumento della volatilità dei mercati finanziari, ulteriori rialzi dei prezzi delle materie prime, di quelle energetiche e dei beni alimentari sono tutti fenomeni che fanno ormai parte del nostro quotidiano. Perfino l’avvicinarsi della parità tra euro e dollaro, che in effetti dovrebbe sostenere l’export dei paesi dell’Unione verso gli Stati Uniti e verso le aree legate alla moneta americana, preoccupa poiché rischia di far crescere ancora di più i prezzi di materie prime ed energia».

L’industria italiana dei beni strumentali tra incentivi e nuove prospettive

Su cosa può contare l’industria italiana dei beni strumentali per continuare a crescere? «Il processo di transizione 4.0, avviato ormai da parecchi anni, è in una fase cruciale del suo dispiegamento perché la consapevolezza della necessità di innovare gli impianti manifatturieri si sta allargando ad una platea sempre più ampia di imprese», è ancora il commento del presidente di Federmacchine.
Per questo motivo, afferma Lesce, «riteniamo che gli incentivi 4.0 debbano divenire strutturali, così da accompagnare in modo continuo e costante l’evoluzione tecnologica delle fabbriche. Alle autorità di governo chiediamo quindi di ragionare su un sistema che preveda il mantenimento di queste misure anche oltre il 2025».
Non solo, per Federmacchine «è assolutamente necessaria la revisione della normativa sugli ammortamenti che è molto importante per le decisioni di investimento delle aziende. Le norme italiane sono ferme a tabelle stabilite nel 1988, ormai completamente obsolete nel rappresentare i tempi di deperimento dei moderni beni strumentali. Rispetto a questo punto, i nostri imprenditori sono in netto svantaggio rispetto ai colleghi esteri». Per questo, conclude l’associazione dei produttori, «chiediamo un programma di interventi straordinari mirati a ridurre gli effetti più pesanti derivati dalla pandemia prima, e dalla guerra poi. Il rischio è la paralisi di importanti filiere manifatturiere a tutto vantaggio dei nostri competitors, asiatici per primi». E non ha dubbi: «La soluzione è una sola: l’Europa deve muoversi unita».

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