Dopo diversi anni di crescita il settore vive una fase di stallo dettata da diversi fattori. Ne parliamo con Andrea Bianchi, Presidente ANIE Automazione.

Partiamo dall’analisi di settore. Anie Automazione ha presentato negli scorsi mesi l’edizione 2024 dell’Osservatorio dell’Industria Italiana dell’Automazione. Si parla di un valore di mercato che supera gli 8 miliardi di euro, una crescita del 14% rispetto al 2022 ma più inferiore rispetto alle previsioni. Previsioni che per il consuntivo 2024 confermano un peggioramento, dettato non solo dalle questioni internazionali, dall’approvvigionamento di componenti elettronici e materie prime ma anche dall’alto costo del denaro. Cosa servirebbe per cambiare la rotta?
Come ampiamente previsto, il mercato dell’automazione nel 2024 vedrà, in termini congiunturali, un calo significativo. Le ultime previsioni raccolte dalla base associativa a luglio vedevano una decrescita del fatturato nel 2024 pari a circa il 20%. Considerando anche l’andamento molto negativo nel mese di agosto non è da escludere che il sentiment riguardo la chiusura dell’anno volga al peggioramento. I motivi legati a questa situazione sono diversi: in parte gli alti costi di energia e materie prime, ereditati dagli anni scorsi, frenano la propensione all’investimento. In termini strutturali, dopo diversi anni di crescita, talvolta non del tutto “ragionevole” e soprattutto guidata da un sensibile aumento dei prezzi, un anno di stallo era per certi versi prevedibile. I magazzini delle aziende sono pieni e si preferisce smaltire le scorte; inoltre, l’attesa della disponibilità dei nuovi strumenti di finanziamento (Transizione 5.0 in primis) hanno contribuito a rallentare il mercato. L’alto costo del denaro, le continue tensioni geopolitiche che creano incertezza sono ulteriori elementi di debolezza in questo momento storico. A questo punto cosa potrebbe contribuire a risollevare le sorti di questo settore? Innanzitutto, ad agosto si è sbloccata la situazione relativamente al Piano Transizione 5.0 e da qualche settimana è possibile presentare le domande sulla piattaforma del GSE. Questo dovrebbe agevolare una ripresa degli investimenti. Inoltre le aziende sono sempre più di fronte all’opportunità/necessità di “cavalcare” le transizioni green e digitale, il che potrebbe tradursi in investimenti anche in automazione. Vorrei aggiungere una nota di metodo: credo che si debbano accantonare le valutazioni fatte durante e rispetto al triennio post-Covid dove i raffronti e le valutazioni anno su anno erano poco sensati. Scegliere, invece, il 2024 come anno di riferimento potrebbe quindi contribuire a fornire un quadro con un andamento più lineare.
Quest’anno il focus tecnologico è stato dedicato al mondo del Metaverso industriale (a cui Tecnologia & Innovazione ha dedicato un numero lo scorso ottobre). Sappiamo che le tecnologie abilitanti comprendono IoT, Intelligenza Artificiale, Machine Learning, Edge Computing, Reti e connettività, e che la manifestazione più evidente delle potenzialità del Metaverso è nei Digital Twin di prodotti e processi. Quali sono le opportunità più realistiche per le imprese italiane che da poco hanno intrapreso la transizione digitale?
Il Digital Twin è un pilastro fondamentale del Metaverso Industriale consentendo di realizzare un modello virtuale in grado di riprodurre fedelmente elementi (persone, macchine o oggetti) o processi del mondo reale, con il quale è possibile interagire in modo dinamico, integrando i dati relativi a ciò che deve replicare lungo l’intero ciclo di vita degli elementi o del processo. L’Intelligenza Artificiale e il Machine Learning sono gli altri pilastri essenziali del Metaverso Industriale. Diverse nostre aziende hanno lavorato in questi ultimi anni per proporre soluzioni basate sul gemello virtuale ed è sicuramente una delle aree di maggiore concretezza e consapevolezza. Anche l’IoT e il Cloud rappresentano altri ambiti tecnologici che offrono possibilità di crescita al comparto.
È evidente che il settore manifatturiero possa beneficiare dal Metaverso Industriale. Oltre alle persone che lavorano nello shopfloor, anche le altre figure, anche apicali, trovano collocazione e possono interagire nell’ambiente virtuale condiviso. I potenziali impieghi del Metaverso sono molteplici e spaziano dalla logistica, alla produzione, all’ottimizzazione dei processi e della gestione delle risorse. Proprio tenendo presente i rischi evidenziati dagli scenari degli ultimi anni, in ambito energetico l’impiego del Metaverso Industriale può rivelarsi uno strumento chiave per ottimizzare i consumi e, in ultima analisi, incrementare la sostenibilità ambientale. Le esperienze maturate già da diverse aziende hanno evidenziato come i benefici riguardino non solo il monitoraggio dell’efficienza delle reti elettriche ma consentano anche un approccio preventivo e predittivo. Credo, comunque, che ci si trovi ancora all’inizio di questo percorso e che ancora ci sia molto lavoro da fare per far comprendere alle imprese tutte le potenzialità. L’Associazione può e deve giocare un ruolo di primo piano nella diffusione della conoscenza. Dobbiamo, quindi, continuare a lavorare in questa direzione incontrando le imprese e sensibilizzando gli imprenditori su come sfruttare al meglio a fare proprie le nuove frontiere della tecnologia per ottenere dei vantaggi concreti nel business.
Quali invece i principali ostacoli alla diffusione di questo nuovo approccio? E cosa occorre per superarli?
Insufficienti competenze digitali e resistenza al cambiamento possono rappresentare, a mio avviso, i principali ostacoli verso la transizione digitale. Questo processo richiede, infatti, una serie di competenze in aree come la gestione dei dati, l’intelligenza artificiale e la sicurezza informatica. Tuttavia, molte imprese non dispongono di personale interno con le skill necessarie e faticano anche a trovarlo sul mercato. Inoltre, implementare tecnologie digitali avanzate richiede investimenti significativi, non solo in infrastruttura tecnologica, ma anche in formazione del personale e spesso, soprattutto le piccole e medie imprese (PMI), non dispongono di fondi sufficienti per affrontare questi costi iniziali. Per superare tali ostacoli è necessario innanzitutto promuovere una cultura del cambiamento: le aziende devono aprirsi e adottare una cultura orientata all’innovazione, guidata da una leadership che stimoli la trasformazione digitale come priorità strategica. Occorre, poi, un investimento costante, in termini di risorse e di tempo, nella formazione per sviluppare le competenze digitali all’interno dell’azienda: corsi di aggiornamento, percorsi interni e collaborazioni con enti formativi possono aiutare a colmare il divario di competenze e preparare il personale alle nuove sfide. Sfruttare gli strumenti disponibili (incentivi governativi, fondi europei o agevolazioni fiscali) può contribuire a contenere i costi iniziali della digitalizzazione, facilitando l’adozione delle nuove tecnologie, in particolare per le PMI.
Parliamo di Transizione 5.0. Ora che finalmente la misura è entrata pienamente in vigore le aziende sono costrette a tempi strettissimi per non perdere gli incentivi. Il tempo perso vanificherà le potenzialità del Piano?
L’ammontare delle cifre in gioco è molto significativo ed è stato molto complesso coordinare l’operato dei diversi dicasteri e della Commissione europea per definire come utilizzare questi fondi senza infrangere regole comunitarie e restando nei parametri finanziari del nostro ordinamento. Certo, questa complessità ha causato dei ritardi importanti che possono rivelarsi una criticità visto che l’impiego di fondi PNRR vincola a scadenze precise (fine progetto entro il 2025). Inoltre, lo schema dello strumento è meno semplificato rispetto alla fase 4.0. Ancora una volta il motivo è da ricercarsi nella difficoltà di mettere d’accordo tutte le parti in causa. Oggi, però, disponiamo di tutte le informazioni necessarie e confido che gli ultimi dubbi verranno dissipati nelle prossime settimane. Pertanto, mi auguro che il sistema industriale, affiancato anche dalle associazioni come la nostra, possa recuperare almeno parte del tempo perduto e che si possa veramente sfruttare al massimo questa grande opportunità. Mario Draghi nel suo Report sulla Competitività Europea recentemente pubblicato, oltre a dare grande rilievo all’importanza strategica della tecnologia e dell’innovazione, mette sul tavolo la possibilità di estendere i termini per l’impiego dei fondi NextGenEU. Se venisse ascoltato, anche il Piano Transizione 5.0 potrebbe avere una vita più lunga e avere un impiego più vasto.
L’ultima domanda è sulla sua rielezione alla Presidenza di Anie Automazione, carica che copre dal 2022, in un’associazione dove è attivo dal 1984. Com’è cambiata la vita associativa in questi 40 anni? Quali sfide sono rimaste immutate e quali invece sono radicalmente nuove?
Quattro decenni costituiscono un periodo mediamente lungo tanto per le associazioni che per il settore industriale rappresentato. Credo che prima di tutto nel nostro ambito, l’automazione, i mutamenti tecnologici siano stati di tale entità da poter affermare che il modo di operare oggi non è neanche paragonabile a quello di 40 anni fa. Specialmente le tecnologie del silicio e i software hanno trasformato le macchine aprendo nuove opportunità nelle prestazioni e nella tipologia di produzioni realizzabili. Di conseguenza anche le esigenze delle imprese verso chi le rappresenta sono cambiate. Anche in considerazione del fatto che il contesto legislativo e normativo è completamente mutato passando da un contesto solo locale/nazionale ad essere quasi completamente globale/internazionale. La globalizzazione ha poi sostanzialmente modificato il modo di approvvigionarsi ma ha anche aperto nuovi mercati. In estrema sintesi, di fronte ad una evoluzione di tale entità, l’Associazione ha dovuto spostare il proprio focus dai prodotti alle soluzioni e ai sistemi complessi e interconnessi, dovendo anche prendere in considerazione i nuovi player da settori diversi che si sono affacciati al nostro comparto. Il tutto è indubbiamente più strutturato e complesso rispetto al passato. A questa evoluzione a livello di servizi che ogni associazione deve fornire, si contrappone l’immutata e fondamentale ragion d’essere di un qualunque corpo intermedio ovvero il concetto di rappresentanza. Ancora oggi, come 40 anni fa, le associazioni hanno il ruolo di rappresentare i propri membri laddove è richiesto difenderne i diritti e portare le istanze dei settori.